GROSSETO – «Il lavoro nobilita l’uomo». Pare abbia detto per primo Charles Darwin, padre dell’evoluzionismo. «E lo rende simile alla bestia», sostiene una sarcastica contro-narrazione di origine popolare.
Sia come sia, l’Istat certifica che lo scorso anno il “tasso totale di occupazione” italiano – occupati tra 15 e 64 anni/popolazione residente – era del 39,9%, mentre quello della provincia di Grosseto del 42%. Squilibrio tra chi lavora e chi no, che ha recentemente portato il sociologo Luca Ricolfi a scrivere un libro sulla “Società signorile di massa”. Ma questa è un’altra storia…..
Apparentemente, quindi, nel nostro territorio le cose non andrebbero malaccio rispetto alla situazione nazionale. Guardandolo con la lente del “tasso di occupazione specifico” – occupati di età tra i 15 e 64 anni/disoccupati nella stessa età – il 64% delle persone in età lavorativa ha comunque un’occupazione. Anche se bisogna considerare che in una bella fetta di casi, si tratta di persone che fanno “lavoretti” precari, e vengono rilevate più volte perché nell’anno cumulano più contratti a tempo determinato.
Tutto questo attiene alla contabilità statistica, diciamo così, tradizionale. Ma quali lavori fanno i maremmani da un punto di vista “tipologico”? E quanto guadagnano mediamente? Analisi altrettanto complicata ma dalla quale si possono trarre alcune considerazioni, per quanto con inevitabile approssimazione.
Intanto un dato generale: lo scorso anno in provincia di Grosseto gli occupati totali erano 92.990 su una forza lavoro (popolazione attiva) di 102.074 persone. Di questi 63.765 (69%) erano lavoratori dipendenti e 29.224 (31%) lavoratori autonomi. Da tenere conto che i residenti totali erano lo scorso anno 222.600.
Secondo un’elaborazione della Cgil, nel settore primario hanno lavorato 8.140 persone (4.183 dipendenti e 3.957 indipendenti); nell’industria 6.217 (4.551 dipendenti e 1.666 indipendenti); nelle costruzioni 7.938 persone (4.273 dip. E 3.665 indip.); infine nei servizi 42.284 persone (33.195 dip, e 9.089 ind.) e altre 28.410 nei servizi alberghieri, di ristorazione e commercio (17.563 dip. e 10.874 ind.).
Numeri forse un po’ algidi, magari noiosi, ma che raccontano in modo plastico quanto peso abbia il settore dei servizi, e quanto per contro il settore agricolo incida molto meno di quello che comunemente si ritiene. Così come ci dicono che oltre i due terzi degli occupati in questa provincia sono lavoratori dipendenti.
Più interessante risulta invece il livello retributivo che i diversi comparti produttivi garantiscono ai rispettivi lavoratori. In questo caso tornano utili le elaborazioni dell’Osservatorio Inps sui lavoratori dipendenti, che si basano sulle retribuzioni lorde del 2017, escluse quelle in agricoltura. Fra i molti dati disponibili prendiamo in considerazione quelli sulla «retribuzione pro-capite nell’anno», suddivisi per i singoli comparti che compongono i due grandi settori base; industria/manifatturiero e servizi.
A saltare subito all’occhio sono le grandi differenze retributive tra i comparti: a guadagnare di più sono gli addetti alle attività finanziarie e assicurative, con una media di 40.813 euro. Seguiti da chi si occupa di forniture di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata con 37.119 euro.
Nella fascia fra i 30.000 e i 20.000 euro ci sono invece gli addetti a reti fognarie, gestione di rifiuti e risanamento (29.161); all’estrazione di minerali (27.394); a trasporti, magazzinaggio e comunicazioni (24.090); a servizi di informazione e comunicazione (22.891); e infine ad attività manifatturiere (20.299).
Fra 20.000 e 10.000 euro di retribuzione pro-capite annua si collocano i dipendenti di attività professionali scientifiche e tecniche con 18.346 euro. Seguiti dagli addetti a commercio all’ingrosso e al dettaglio, e alle riparazioni (17.389); alle costruzioni (17.236 euro); attività immobiliari (15.456); sanità e assistenza sociale (14.712); attività di famiglia e convivenza con datori di lavoro domestico (14.677); attività immobiliari, noleggio, informatica e ricerca (13.282); altre attività di servizi (13.048); istruzione (12.726); altri servizi pubblici, sociali e personali (10.619); noleggio, agenzie di viaggio e servizi di supporto alle imprese (10.574).
Infine le retribuzioni annue sotto i 10.000 euro riguardano i dipendenti di alberghi e ristoranti con una media pro-capite annua di 8.718 euro; attività artistiche, sportive intrattenimento e divertimento.
Secondo l’osservatorio Inps sui lavoratori dipendenti, nel 2017 i 46.332 addetti censiti hanno complessivamente ricevuto salari per 725,6 milioni di euro. Ai quali vanno aggiunti quelli dei circa 4.000 lavoratori dipendenti in agricoltura, e di circa 29.000 lavoratori autonomi/indipendenti.
Arrivare in fondo a questo articolo non sarà stato facile, considerata la sequela impressionante di numeri. Ma se non altro la speranza è di aver contribuito a dare informazioni utili alla discussione pubblica, perché ogni opinione sia espressa a partire da un minimo di dati oggettivi.
Guardando le retribuzioni calcolate dall’Osservatorio Inps sul lavoro dipendente, quello che più colpisce è senza dubbio la retribuzione pro-capite dei lavoratori dipendenti nel comparto alberghiero e della ristorazione. Che fra l’altro con 11.420 addetti, nel 2017 costituivano il contingente più grande dei lavoratori nel settore dei servizi. Un dato che autorizza più di un’ipotesi: che il settore turistico non è affatto il petrolio della Maremma, almeno per gli addetti diretti; oppure che c’è una discreta quantità di nero, e quindi di evasione fiscale e contributiva. Un tema controverso e ricco di implicazioni. Da approfondire.