GROSSETO – «Siamo preparati ad un’esondazione dell’Ombrone?» se lo chiedono i consiglieri comunali Carlo De Martis, Marilena Del Santo (Lista Mascagni Sindaco), Lorenzo Mascagni, Manuele Bartalucci, Ciro Cirillo, Marco Di Giacopo, Catuscia Scoccati (Partito Democratico).
«È la domanda che, insieme a tanti altri cittadini, ci stiamo ponendo dopo l’emergenza di domenica scorsa. Il lavoro svolto dal personale dell’Amministrazione comunale, così come degli altri enti coinvolti (dalla provincia ai Vigili del fuoco, dalle forze dell’ordine al personale, anche volontario, della Protezione civile) è stato importante e merita un sincero ringraziamento. Ma, sia chiaro, domenica siamo stati anche molto fortunati. Se solo a monte l’Ombrone si fosse ingrossato appena ancora, o se i venti alla foce fossero stati diversi, oggi saremmo impegnati in ben altro».
«Ora che la fase dell’emergenza e dell’eccitazione è stata superata, è necessario aprire un’analisi su cosa ha funzionato e su cosa deve essere migliorato – proseguono i consiglieri dei gruppi Lista Mascagni sindaco e Partito democratico -. Innanzitutto è indispensabile che le procedure operative di emergenza siano comunicate in modo adeguato, e che ne sia verificato l’effettivo rispetto. Il servizio di allertamento ‘Informabene’, che paghiamo profumatamente, si è rivelato un fallimento: dopo un anno e mezzo conta appena 2000 iscritti su 80.000 abitanti e pure molti iscritti sono rimasti al buio. Lo stesso servizio di allerta svolto direttamente dal personale del Comune presso le abitazioni nella ‘zona rossa’, quella adiacente al fiume, si è svolto a macchia di leopardo e con modalità a dir poco estemporanee. Quando ordini l’evacuazione di duemila persone devi garantire che ciascuno sappia immediatamente ed esattamente due cose: dove andare e come arrivarvi. Questo, invece, è mancato, e la gran parte delle persone ha dovuto auto-organizzarsi».
«Ma c’è di più: se fosse vero quanto dichiarato dagli uffici comunali alla stampa – secondo cui in caso di alluvione non sono previste aree sicure e i cittadini in realtà non dovrebbero evacuare, ma solo cercare riparo ai piani alti – saremmo di fronte non solo ad una lacuna gravissima nei piani di emergenza, ma anche ad un’ordinanza che avrebbe imposto comportamenti ritenuti, dagli stessi uffici preposti, di fatto non sicuri. E mentre su facebook la pagina privata di Vivarelli Colonna macinava visualizzazioni dei suoi video con i quali allarmava la popolazione raccontando di una situazione “al limite dell’apocalisse”, la comunicazione istituzionale latitava, con una pagina facebook del Comune poverissima di aggiornamenti e senza alcuna forma di interazione con i cittadini che domandavano cosa fare. Evidentemente l’ufficio stampa di Vivarelli Colonna è molto più efficiente di quello del nostro Comune».
«Inoltre, mentre da un lato si emettevano ordinanze di evacuazione fino a 400 metri dall’argine e ad alcune famiglie si impediva di rientrare in casa a prendere i vestiti, in molti altri casi non ci si preoccupava di verificare se quelle disposizioni venivano effettivamente rispettate, tanto che c’era più gente sull’argine che il sabato sera nel corso. Lo stesso dicasi per le ulteriori disposizioni contenute nell’ordinanza, che fino alla revoca imponevano l’abbandono dei piani terra in tutta la ‘zona gialla’, in cui vivono 40.000 persone: praticamente tutte le abitazioni, gli uffici e gli esercizi commerciali a est della ferrovia, da via dei Mille al centro storico, dalla Cittadella fino a tutta la zona artigianale nord. Ed anche qui due pesi e due misure, con alcuni esercizi commerciali chiusi ed altri aperti. E poi il divieto assoluto di “spostamenti sul territorio e l’utilizzo di veicoli di qualsiasi tipo”, su cui è evidente come sia mancato ogni controllo, e forse in questo caso opportunamente, perché tale divieto parrebbe essere stato emesso in modo del tutto errato, non essendo contemplato nelle fasi di ‘pre-allarme’».
«A causa del cambiamento climatico in atto, certi eventi purtroppo non sono più qualificabili come fenomeni eccezionali, tanto che negli ultimi anni la fatidica soglia dei sei metri e mezzo al Berrettino risulta essere stata superata ripetutamente – continua la nota -. L’esperienza di domenica scorsa dovrà allora servire, oltre che all’Amministrazione comunale per evitare il ripetersi degli errori commessi, anche a noi cittadini per essere pronti la prossima volta. Per questo sarebbe opportuno, innanzitutto, che senza perdere altro tempo venisse avviata una campagna informativa per la cittadinanza sui comportamenti da adottare e sui luoghi sicuri in cui recarsi. Allo stesso modo sarebbe opportuno non ostinarsi a costruire nuovi abitati o strutture commerciali in prossimità del fiume, come invece accaduto solo qualche settimana fa con il nuovo polo commerciale a marchio Conad, che il Comune ha acconsentito che venisse realizzato sulla via Scansanese, in piena zona rossa».