GROSSETO – A sorpresa gl’Italiani sono largamente favorevoli al cosiddetto “Ius culturae”, la cittadinanza riconosciuta su presupposti culturali. Cosa che riguarda con ricadute notevoli anche il microcosmo maremmano.
Ne ha parlato il sociologo Ilvo Diamanti, riferendosi ad un’indagine fatta per La Repubblica dall’istituto di ricerca politica e sociale Demos, che ha intervistato un campione rappresentativo di cittadini Italiani. Certificando che il 67% si dichiarano favorevoli al riconoscimento della cittadinanza italiana agli stranieri sulla base dello Ius culturae. La cosa più sorprendente è che non solo è favorevole chi dichiara di essere orientato politicamente per Pd (93%), Italia Viva (82%), Forza Italia (81%) e M5S (71%), ma anche una discreta fetta di chi propende per Lega (46%) e FdI (36%).
L’attuale proposta di legge prevede che acquisiscano la cittadinanza italiana tutti i figli di stranieri nati in Italia, o arrivati nel nostro Paese da meno di 12 anni, che abbiano terminato almeno un ciclo di studi di durata quinquennale. La naturalizzazione quindi avverrebbe in virtù di un percorso educativo/formativo veicolato dalla scuola. A ben guardare una cosa logica, anche da un punto di vista “economico”, oltre che etico. Perché in una logica “nazionale” è abbastanza incomprensibile che uno Stato spenda risorse cospicue per l’educazione di giovani che potenzialmente non si identifichino con esso. Naturalmente, ammesso e non concesso che in questo ambito abbia senso ragionare semplicemente in termini statali classici.
Ad ogni modo, se in Italia i potenziali neo cittadini in virtù dello Ius culturae sarebbero poco meno di 200.000, a quanto ammonterebbero oggi in provincia di Grosseto? Adottando lo stesso criterio della legge almeno 2.200.
Cominciamo dalle basi, per capire quali sono le dinamiche che investono anche la Maremma. Al 31 dicembre del 2018, i cittadini stranieri residenti nei nostri territori erano 23.580; ovverosia il 10,64% della popolazione. In crescita del tre per cento rispetto all’anno precedente. Nessuna invasione, quindi, ma una fetta non piccola e crescente di nuovi maremmani. Che negli ultimi vent’anni hanno sostituito le ondate migratorie precedenti, provenienti da Veneto, Sardegna, Marche e sud Italia.
Oggi in provincia di Grosseto risiedono persone di 120 nazionalità diverse. Ma il 74% provengono da dieci soli Stati: Romania (27% degli stranieri totali); Albania (10,70%); Macedonia (7,56%); Marocco (6,71%); Ucraina (6,19%); Polonia (4,20%); Moldova (4,19%); Germania (2,98%); Turchia (2,20%); Tunisia (1,87%). Complessivamente 17.421 persone, sui 23.590 stranieri totali.
Da notare il fatto che nelle prime dieci nazionalità per numero, non ce n’è nemmeno una della cosiddetta Africa “nera”. Mentre la maggioranza netta è di immigrati di origine europea. Dal che se ne deduce facilmente che l’ossessione per l’invasione africana, è il tipico fenomeno d’isteria collettiva scollegato dalla realtà e alimentato dalla macchina della propaganda politica (di infimo livello). Fra l’altro, l’unica realtà territoriale in cui gli stranieri superano l’11% del totale della popolazione residente, è quella dell’Amiata. Dove il 16,54% dei residenti sono stranieri. Che se per incanto sparissero, provocherebbero il collasso della già ansimante economia locale.
A questo punto bisogna andarsi a vedere quanti sono, dove sono e quali scuole frequentano i figli degli stranieri che vivono in Maremma e sull’Amiata.
Secondo l’osservatorio regionale sulla scuola – nell’anno scolastico 2017/18 – si tratta complessivamente di 2.889 studenti stranieri su un totale di 24.203 presenti nella scuola primaria e secondaria di I e II grado. Numero che tradotto in percentuale significa il 12% del totale, che è più del 10,6% dell’incidenza complessiva degli stranieri sulla popolazione residente. Perché quelle straniere sono mediamente famiglie più giovani, con più figli.
Entrando nel dettaglio, poi, viene fuori che la percentuale di alunni stranieri nella scuola primaria è il 13% del totale: con 285 bambini che hanno una cittadinanza di Stati dell’Unione europea, e 883 che sono figli di stranieri provenienti da fuori Unione.
Nella secondaria di I° (la scuola media), invece, gli stranieri sono 670, di cui 212 europei e 458 etra Unione. Infine nella scuola secondaria di II° gli studenti sono 1.051, dei quali 336 con cittadinanza dell’Unione europea e 715 extra Ue.
C’è dunque un motivo per il quale questo dilaniato Paese, avvitato sulle proprie storiche inadempienze, debba privarsi di cittadini di origine straniera che ha istruito attraverso il proprio sistema scolastico? Oggettivamente e razionalmente parlando, proprio non c’è. È semplicemente ridicolo sostenere il contrario in nome di un’idea astratta e anacronistica di Stato come monolite culturale, immune e impermeabile a qualunque evoluzione storica, demografica ed economica. Uno Stato che è luogo fittizio dove il feticcio poco definito di un’immaginifica identità nazionale mortifica le aspirazioni e le diversità dei singoli, solo per legittimare una visione politica del mondo, contingente e ultra-conservatrice.
La scuola è per propria vocazione il luogo del meticciato e dell’inclusione. La palestra dove si formano le coscienze attraverso l’educazione al metodo della critica, dove matura il senso di appartenenza alla propria comunità nel rispetto di regole universali di convivenza. Dove prende forma la cittadinanza come partecipazione civica alla vita organizzata nelle forme istituzionali.
Se poi qualcuno fosse impermeabile a valutazioni considerate troppo auliche. Ci permettiamo d’invitarlo a farsi due conti: osservando che in molti plessi scolastici, di scuole di ogni ordine e grado sparsi per la provincia, la percentuale degli alunni di origine straniera varia dal 25 al 77% del totale.
Non c’è quindi alcun motivo per continuare a tenere troppi “Italiani senza cittadinanza” confinati nel loro limbo. Un peccato che onestamente grida vendetta.