GROSSETO – “Sono ritornato da poco in Bielorussia – racconta Angelo Gentili della segreteria nazionale di Legambiente –, e anche questa volta, oltre a dover fare i conti con la consapevolezza che in quelle terre contaminate e maledette il futuro di intere generazioni è ipotecato, rientro in Italia con moltissima speranza. Senza alcun dubbio, i percorsi di solidarietà di cui anche Legambiente si è fatta portatrice in questi decenni hanno alleviato non poco la sofferenza di intere famiglie, donando speranza e futuro a migliaia di bambini. Basti pensare al Centro Speranza, una struttura in cui, grazie a Legambiente, i bambini provenienti dalle zone contaminate hanno la possibilità di mangiare cibo sano, essere monitorati sotto il profilo sanitario, ma anche di imparare come gestire le conseguenze della contaminazione e divertirsi in maniera sicura e liberi dall’angoscia della radioattività. Una piccola oasi in un deserto radioattivo, dunque, che purtroppo rappresenta un macigno se si pensa alle enormi responsabilità legate all’utilizzo assurdo del nucleare”.
“In occasione della missione appena terminata – spiega Gentili -, abbiamo festeggiato, insieme ai volontari e alle volontarie che hanno preso parte a questa missione, i 25 anni di collaborazione tra Legambiente e l’associazione Help. In questo periodo, la nostra sinergia si è trasformata in un vero e proprio fiume di solidarietà anche grazie all’intervento della nostra associazione e del nostro Paese, che con impegno e determinazione ha supportato, attraverso azioni concrete, le famiglie e i bambini che vivono nelle zone contaminate, i centri ospedalieri, le scuole, dando un contributo sostanziale alle popolazioni vittime innocenti del disastro di Chernobyl che, dopo 33 anni, continua a rappresentare un pericolo quotidiano. Vivere bevendo acqua contaminata e cibo contaminato rappresenta un pericolo quotidiano, e per questo dobbiamo sentire forte il dovere morale di tendere le nostre mani”.
“Ci sono degli angoli della Bielorussia – continua Gentili – in cui sembra davvero che Chernobyl non sia mai accaduto. Lusso, benessere, divertimenti: tutto scorre via a dispetto della contaminazione che, però, nelle zone più povere, in cui sono presenti baracche di legno e desolazione, miete vittime ancora oggi. Perché, è bene chiarirlo, la contaminazione colpisce molto più le fasce povere, quelle che non possono assicurare ai propri piccoli, notoriamente più vulnerabili, cibo decontaminato e optano per i prodotti della terra, da cui invece sarebbe necessario stare alla larga perché ancora tra i più contaminati. Mettiamo le cose in chiaro: il rischio di vivere in aree ad alto rischio, cercando di adattarsi a tale situazione, è sempre più concreto. Oggi, la maggior parte della contaminazione radioattiva non si trova nelle polveri e nell’aria, ma negli strati più profondi del terreno e nelle falde superficiali. Seguire quindi alcuni accorgimenti come quelli di non mangiare funghi frutti di bosco e cacciagione altamente contaminati o di bere latte di mucche che pascolano in aree pulite o ancora mangiare ortaggi che provengono da terreni privo di radionuclidi, contribuisce a preservare la salute di che è costretto a vivere nelle zone più colpite dalla catastrofe nucleare”.
“Tutto ciò apre uno spiraglio di speranza grazie alla sinergia tra nozioni scientifiche ad un percorso solidale , esattamente come abbiamo cercato di fare in questi anni noi di Legambiente. Peccato che proprio nel Paese più colpito dal fall-out radioattivo di Chernobyl si stia ultimando la realizzazione di una centrale nucleare, come se la storia non avesse insegnato nulla. Nonostante la tragedia vissuta da tantissime persone, oggi 2 milioni di cittadini vivono in Bielorussia nelle zone contaminate. Di questi, 400mila sono bambini che assorbono come spugne la contaminazione radioattiva con gravi conseguenze per la loro salute. Insomma – conclude Angelo Gentili -, il percorso da fare è ancora molto lungo, e di questo ne parlo approfonditamente nel reportage della missione che verrà a brevissimo pubblicato sulla versione online del nostro magazine La nuova ecologia. Ma una cosa voglio ribadirla: regalare speranza alla Bielorussia è ancora possibile, e per farlo bastano piccole grandi azioni come quelle di Legambiente che, in collaborazione con altre associazioni locali e internazionali, continua ininterrottamente il suo intervento in quella zona. Rugiada, il progetto che continua a portarci in Bielorussia anno dopo anno, è un faro nella notte per cittadini che hanno il diritto di tornare a sperare”.