GROSSETO – Orecchio bionico: viene chiamato così l’impianto cocleare, un dispositivo elettronico che sostituisce l’orecchio interno nei pazienti con grave perdita dell’udito. Da quest’anno l’attività di posizionamento degli impianti cocleari è partita presso l’Uoc Otorinolaringoiatria dell’ospedale di Grosseto, diretta da Simone Boccuzzi.
Il dispositivo permette di tornare a sentire grazie a un processore del suono, applicato dietro l’orecchio, che capta i segnali sonori dall’esterno e li trasmette a un ricevitore inserito sottocute, sempre dietro l’orecchio, il quale, a sua volta, invia gli input sonori agli elettrodi impiantati direttamente nella coclea (all’interno dell’orecchio), stimolando in tal modo il nervo acustico che passa l’informazione al cervello, sotto forma di segnale elettrico, interpretandolo come suono. Dunque l’impianto cocleare ha la funzione di riprodurre il delicato e preciso ingranaggio che permette agli esseri umani di riconoscere e udire i segnali sonori provenienti dall’ambiente esterno, aggirando le aree danneggiate dell’orecchio.
“Sono circa 60 le cause di perdita severa dell’udito, tra cui stadi avanzati di otosclerosi, patologie genetiche degenerative, ipoacusia improvvisa – spiega Boccuzzi – Si tratta sempre di danni gravi che possono sfociare anche nella sordità. Per tutti questi casi è possibile risolvere il problema inserendo un impianto cocleare. Nel nostro reparto posizioniamo gli impianti a pazienti adulti che hanno perso l’udito dopo avere sviluppato un normale linguaggio e la cui funzione uditiva è estremamente compromessa. Per questo tipo di pazienti risulta infatti del tutto inutile il ricorso alle comuni protesi acustiche che fungono solamente da amplificatori del suono. L’intervento consente il miglioramento o il recupero della qualità della vita anche se è sempre necessario un periodo iniziale di riabilitazione post operatoria”.
L’impianto cocleare si effettua tramite seduta chirurgica con una degenza di massimo due notti, ma oltre all’operazione in sé, ciò che è davvero importante è la fase successiva all’intervento, in cui il dispositivo elettronico viene attivato e inizia a funzionare. Proprio perché quelli che arrivano al cervello non sono esattamente input uditivi “normali”, ci vuole un po’ di tempo perché vengano recepiti correttamente. Pertanto tornare a udire i diversi tipi di suono può non essere automatico neppure in caso di perfetta riuscita dell’inserimento, servono pazienza, esercizio e allenamento.
“L’impianto è stato pensato per una facile gestione da parte del paziente, con una parte esterna posta sul cuoio capelluto che si può agilmente rimuovere per fare la doccia, ecc. – conclude Boccuzzi –. A seguito dell’intervento, parallelamente alla riabilitazione del paziente, è cura dei tecnici audiologi regolare progressivamente le impostazioni del dispositivo. Una volta entrato in funzione perfettamente, risultano evidenti i vantaggi in termini di relazioni sociali e condizioni lavorative, dal momento che i pazienti acquisiscono nuovamente la capacità di udire un discorso senza bisogno di leggere le labbra di chi parla, di individuare e riconoscere i suoni provenienti dall’ambiente circostante, anche in un ambiente rumoroso, di seguire i programmi televisivi, di condurre una conversazione telefonica, di guidare l’auto in sicurezza. In pratica tornano a vivere una vita normale”.