GROSSETO – Tra i piatti tipici della tradizione maremmana il tortello ricopre, senza ombra di dubbio, le prime posizioni. Una pasta sfoglia fatta di farina e uova che avvolge un delicato ripieno di ricotta e spinaci: niente di più semplice e di più buono.
Il tortello ha origini antiche. Il nome farebbe riferimento proprio all’uso di ripiegare la pasta su se stessa e farcirla. Nei tempi passati, i tortelli rispondevano all’esigenza di cucinare un piatto saziante utilizzando ingredienti semplici di cui disponevano anche le famiglie più povere, come uova, farina e verdure.
Il tortello maremmano è per tradizione quadrato, giallo e morbido. Il ripieno è fatto di spinaci precedentemente scottati in acqua bollente e sminuzzati, la ricotta, il sale, la noce moscata, le uova sbattute e il formaggio grattugiato. Una volta preparata la classica pasta sfoglia con uova e farina, si stende e si divide in larghe strisce al cui centro si dispongono delle palline di ripieno ad intervalli regolari. Ultimata l’operazione, si provvede a chiudere la striscia, sovrapponendo i due lati della pasta, facendo molta attenzione che il ripieno resti nella parte centrale. A questo punto le strisce sovrapposte con il ripieno al centro vengono tagliate trasversalmente, dopo di che i tortelli sono sigillati sui bordi con l’aiuto di una forchetta. Una volta pronti, i tortelli vengono cotti in abbondante acqua salata e bollente, conditi, solitamente con il ragù o al burro e salvia, e serviti con una generosa spolverata di formaggio grattugiato. Della classica ricetta del tortello maremmano, esistono delle varianti che prevedono l’uso di altre erbe al posto degli spinaci, come l’ortica o la bietola.
I tortelli fanno parte della tradizione del grossetano da centinaia di anni. La loro importanza nella cultura popolare si deduce anche dalla proverbiale prova che le future mogli dovevano superare con le proprie suocere prima di prendere in mariti i loro figli. La tradizione vuole che, prima del matrimonio, la giovane sposina andasse “a scuola” di tortelli dalla madre del futuro sposo, così da poter imparare a fare la pasta ripiena allo stesso modo della suocera e continuare a cucinare al ragazzo la stessa ricetta della madre. Solitamente, nessuna suocera rimaneva soddisfatta della performance culinaria della nuora, e piangeva per le sorti del figlio. La novella voleva anche che lo sposo, dopo il matrimonio, non apprezzasse i tortelli della moglie, continuando a preferire quelli della madre, con l’espressione: “Ah come li faceva la mi’ mamma”.
Al di là delle novelle, i tortelli sono uno dei piatti simbolo della Maremma, diventando i protagonisti indiscussi delle sagre e dei menù dei ristoranti locali. Roberto Delli, dei Pastai di Maremma, da anni cerca di ottenere il riconoscimento di una tutela territoriale per il tortello maremmano.
«Il tortello maremmano è un prodotto agroalimentare tradizionale italiano, un cosiddetto Pat – racconta Delli -. È un prodotto incluso in un apposito elenco, predisposto dal Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, con la collaborazione delle Regioni. Tra tutte le Regioni, quella che detiene il maggior numero di prodotti agroalimentari è proprio la Toscana. L’Italia, fin dall’ingresso nell’Ue, ha deciso di puntare nettamente su settori di nicchia, valorizzando i prodotti tradizionali, magari lavorati secondo antiche ricette, con metodi di conservazione e stagionatura consolidati nel tempo, omogenei per tutto il territorio interessato, secondo regole codificate e su un arco temporale non inferiore ai venticinque anni. Purtroppo, lo stesso Ministero ammette oggi che tali prodotti di nicchia, di produzioni limitate in termini quantitativi e relativi ad aree territoriali molto ristrette, non giustificano una Dop o una Igp e incontrano molte riserve in sede di Unione europea».
Per il momento della certificazione non se ne parla, ma nel frattempo Delli, dal 2017, ha creato la ricetta del tortello 100% maremmano, che è fatto dei seguenti ingredienti: ricotta proveniente da Stribugliano (Arcidosso), le uova da Piombino, lo spinacio da Valpiana (Massa Marittima) e la farina da Grosseto.