GROSSETO – Il 21 settembre si celebra, come ogni anno, la giornata mondiale dell’Alzheimer, una terribile malattia che seppur non mortale riesce ad “allontanare” le persone dai propri cari, facendo progressivamente perdere le capacità cognitive come la memoria, il senso delle cose e dell’orientamento spazio-temporale. Una prospettiva durissima da accettare contro cui associazioni e professionisti sanitari e del sociale si impegnano ogni giorno affinché pazienti e familiari si sentano sostenuti in un percorso di cura definito.
Questo è anche l’obiettivo della Asl Toscana sud est che, con i suoi centri di riferimento sul territorio, offre servizi per rispondere ai bisogni socio-sanitari dei pazienti affetti da questa malattia. Sono circa 13mila, infatti, i malati di Alzheimer nella Sud Est, dato in costante crescita a causa dell’aumento della prospettiva di vita. All’interno dell’Azienda i servizi per la cura dell’Alzheimer e delle altre forme di disturbi cognitivi sono strutturati in reti cliniche integrate e garantiscono la continuità assistenziale.
Nella provincia di Grosseto, sono circa 3mila le persone che soffrono di questa malattia. Questi possono far riferimento agli ambulatori neurologici, dove sono presi in cura e seguiti da un team composto da neurologi e geriatri. Assicurando una risposta di prossimità territoriale, il servizio è attivo, oltre che al Misericordia, anche negli ospedali di Orbetello, Massa Marittima, Pitigliano, Castel del Piano e nei distretti sanitari di Manciano e Follonica.
“L’Alzheimer è una forma di demenza irreversibile di tipo degenerativo, per la quale quindi non esiste guarigione, ma che può essere trattata con terapie farmacologiche, psicosociali e di gestione – spiega Roberto Marconi, direttore Area funzionale neurologica della Asl Toscana sud est -. Come per la maggior parte delle patologie, un ruolo fondamentale è giocato dalla diagnosi precoce che permette di intervenire subito sul controllo dei sintomi, migliorando le condizioni cliniche del paziente. Altrettanto importante è una gestione multiprofessionale della patologia, che chiama in causa non solo i neurologi e i geriatri, ma anche neuroradiologi, medici di Medicina nucleare e medici di medicina che per primi indirizzano il paziente o i familiari verso i servizi Asl dedicati. La collaborazione tra diverse professionalità aiuta a far fronte in maniera appropriata alle varie criticità, non solo cliniche, che si presentano nel corso della patologia”.
Secondo uno studio sull’incidenza totale della patologia nella popolazione, l’insorgenza dell’Alzheimer può essere collegata a determinati stili di vita, in particolare, ad alcune componenti di rischio che, da sole o in azione congiunta, possono aumentarne la probabilità: diabete, ipertensione, obesità, inattività fisica, depressione, fumo e basso livello di istruzione. Questo è certamente un elemento a favore nella cura perché è sempre possibile agire su tali determinanti per migliorarle.
In Italia, il numero totale dei pazienti con demenza è stimato in oltre un milione, di questi circa 600mila sono affetti da Alzheimer e circa tre milioni sono le persone direttamente o indirettamente coinvolte nell’assistenza dei loro cari.