GROSSETO – Come se il tempo si fosse fermato. Alla ripresa autunnale di questo 2019, Maremma e Amiata arrivano con sul groppone i soliti problemi. la stessa identica situazione di fine estate dello scorso anno.
Non è uno spettacolo edificante. E parafrasando il celebre libro di Corman McCarthy, questo non è evidentemente un “paese per giovani”. Perché anche a voler essere ottimisti a oltranza, è piuttosto difficile vedere occasioni per costruirsi un futuro in loco.
Riassumendo: sul fronte del progetto di adeguamento a quattro corsie dell’Aurelia, tutto tace. Su quello dell’ammodernamento della E78 Due mari, invece, tutto si complica: perché il giudice che doveva dirimere il ricorso sull’aggiudicazione dei lavori per il 4° lotto, ha deciso di inviare un quesito interpretativo alla Corte costituzionale. E questo comporterà un ritardo imprecisato dell’inizio dei lavori per adeguare tre fottutissimi chilometri, forse un anno. Nel frattempo il Cipe ha dato il là al progetto di adeguamento del lotto 11, ma Anas deve redigere il progetto esecutivo e appaltare le opere; nella migliore delle ipotesi l’aggiudicazione arriverà nel 2020. Nel frattempo stanno ancora progettando la ristrutturazione del vecchio tunnel del Petriolo. Insomma la tragedia continua. E da Grosseto a Siena per altri tre o quattro anni, con ottimismo, automobilisti e turisti continueranno a sacramentare. Un po’ meglio va per l’adeguamento della provinciale del Cipressino che collega Paganico ad Arcidosso: entro l’anno, forse, dovrebbero appaltare il primo lotto grazie ai soldi della geotermia. A proposito, ancora non si sa se e come gl’incentivi alla fonte geotermica rientreranno nel provvedimento Fer2.
In compenso la stagione turistica è andata a ramengo, e tutti attendono con postura fatalista, e deresponsabilizzante, la contabilità in perdita di arrivi e presenze. Nella certezza comunque che la spesa media pro capite dei turisti si è ulteriormente ridotta. Peraltro, l’economia provinciale è più stagnante di una pozza di fango, e come ha appena certificato l’Istat non c’è niente di buono in vista per quanto riguarda il Pil nazionale. Nonostante la decina di miliardi inutilmente buttati nel pozzo nero della spesa pubblica per finanziare misure elettorali come Quota 100 e reddito di cittadinanza.
Quest’anno è passato invano anche rispetto alla scelta relativa allo stoccaggio dei “fanghi rossi” prodotti dalla Venator di Scarlino. Dopo lunga e penosa malattia, sembrava in procinto di essere discusso e approvato il protocollo d’intesa che definisse chi fa che cosa e come, con le linee guida per il nuovo sito di stoccaggio che sostituirà Montioni. Ma tutto si è inabissato nella palude della fuga dalle responsabilità.
Insomma, il solito tran tran di un territorio avvitato su sé stesso, incapace a decidere il da farsi, nonostante gli indicatori macroeconomici sempre più contigui a quelli delle province del sud Italia.
Anche l’iniziativa della Camera di commercio per sbloccare le grandi questioni di fondo annunciata con strepiti e squilli di trombe lo scorso aprile, si è tradotta in un nulla di fatto. Impaniata in un farraginoso meccanismo di trattativa sotterranea con i diversi livelli istituzionali, che è subito rimasta imprigionata nella trappola ossidionale dei tavoli di concertazione e dei veti non esplicitati.
Pessimismo cosmico? Fatalismo rinunciatario? Nemmeno questo, in verità. Solo la presa d’atto di una frustrante incapacità a reagire, a mobilitare risorse, energie e idee. Congenita, parrebbe, considerato che si ramifica a quasi tutte le articolazioni dei gruppi dirigenti dei vari livelli di rappresentanza.
Tuttavia, siccome non è costruttivo cedere allo sconforto, allora è meglio provare almeno a chiarire le questioni di metodo. E il buon senso dice che per modificare l’andazzo non bisognerebbe attendere passivi l’evolversi degli eventi, aspettando magari che piova la manna dal cielo (servirebbe peraltro un diluvio). Motivo per cui lo shock non può che essere endogeno, per quanto l’humus politico istituzionale, come detto, sia tutt’altro che favorevole.
Insomma il classico “aiutati che Dio t’aiuta”. E in questo senso la speranza è affidata al protagonismo subsidente e resiliente del mondo dell’impresa, dal quale nonostante tutto arrivano saltuariamente segnali di risveglio. Tre esempi per tutti, che casualmente ruotano intorno all’ex area Eurovinil di Grosseto. Dove stanno per trasferirsi Noxerior (applicazioni industriali per gas tecnici), Toscano alta sartoria italiana (abbigliamento di alta gamma) e Roberto Ricci Design (produzione surf, wind e kite surf, abbigliamento tecnico e sportivo). Tre aziende che hanno progetti di sviluppo interessanti, e tute e tre proiettate all’export.
A questa reattività sottotraccia di alcune realtà produttive (non le uniche) più dinamiche della media dell’imprenditoria maremmana, poi, sarebbe auspicabile arrivasse anche un segnale dall’esterno. Complice la beneagurante eclissi dell’ex Danilo Toninelli, ad esempio, se la nuova ministra dei trasporti e delle infrastrutture Paola De Micheli riuscisse in tempi non biblici a sbloccare le risorse per l’adeguamento dell’Aurelia, la novità potrebbe resuscitare un po’ di speranza. Anche se la fruizione dell’arteria ammodernata arriverebbe fra tre/quattro anni.
Il Corridoio tirrenico – sul quale si sono persi decenni a discutere se fosse meglio un nastro d’asfalto largo 22 (superstrada Eu) o 28 metri (autostrada) – checché se ne dica, rimane infatti la madre di tutte le battaglie. Perché regalerebbe finalmente a questo malmesso territorio e al tessuto dell’impresa manifatturiera un po’ di competitività in termini logistici. Ma anche a quello dell’impresa turistica, velocizzando i collegamenti con una destinazione che continua a vivere la frustrante condizione di bella addormentata nel bosco.