GAVORRANO – «Là il buio è così buio che non c’è oscurità» una frase del poeta Giorgio Caproni è forse il simbolo di questa serata tra luci e ombre, tra tenebra e piccoli barlumi di luce, dove la solitudine fa da filo conduttore.
La prima solitudine è quella del drammaturgo austriaco Thomas Bernhard, interpretato da Massimiliano Speziani. È la sua solitudine di bambino cresciuto in un collegio ad aprire lo spettacolo “Solitudini amare” della compagnia Katzenmacher al teatro di Ravi Marchi.
Il suo ricordo dei “genitori procreatori” come racconto, non è benevolo come non lo è quello del collegio che chiama “lurido puzzolente dormitorio” in cui la domenica veniva imposta la divisa della “Hitler jugend”, o della città di Salisburgo. Il ricordo più piacevole è quello della vista del collegio distrutto, o di quando andava con la nonna al cimitero, a vedere le tombe. L’idea del suicidio «l’unico gesto significativo».
La morte, non solo la solitudine, come trave portante. Da Bernhard a Pia de Tolomei, personaggio tra storico e letterario della nostra terra. Un progetto-studio con la Pro loco di Gavorrano che sulla figura della Pia lavora da tanti anni.
Le parole della ballata di Mauro Chechi introducono una Pia come icona sacra, portata in processione, la “ragazza dagli occhi belli” che viveva a Siena, la giovinetta, che giocava con le amiche. Il primo amore. E poi la morte, la disperazione, anche di colui che la amava. Le solitudini amare, dove amare può essere anche una declinazione di amore. Perché anche l’amore può dare solitudine.
“Vogliatemi perdonare quel po’ di disturbo che reco” dice il “Viaggiatore cerimonioso” di Giorgio Caproni mentre prepara la sua valigia pesante “anche se dentro non vi è granché”. “Vi lascio davvero, amici. Addio. Di questo, sono certo: io son giunto alla disperazione calma, senza sgomento”. Il ricordo tenero della madre Annina nel momento del trapasso, immaginata ancora giovane, con il suo fagottino, pronta per il viaggio, una lacrima al ciglio, con un vago ricordo del figlio e del marito, incerta del proprio ruolo di madre e moglie, senza l’anello al dito, come se, lontanamente, avesse un’idea confusa del passato, di quel figlio forse nato, forse morto o forse mai venuto al mondo, e del marito.