GROSSETO – «La carenza infermieristica, da anni endemica, ha oggi risvolti che ci preoccupano molto» afferma Nicola Draoli presidente dell’ordine delle professioni infermieristiche di Grosseto. «L’ultima notizia che ci vede costretti a denunciare le situazioni di disagio che ci giungono sempre più spesso è il taglio non negoziabile di due terzi di infermieri interinali a partire dal primo di settembre in pieno periodo di ferie programmate».
«L’importante studio anche nazionale RN4CAST ci dice che ogni volta che il rapporto pazienti-infermiere è inferiore o uguale a 6:1 la mortalità diminuisce del 20% nelle medicine e del 17% nelle chirurgie. Inoltre, la riduzione della mortalità è pari al 30% quando almeno il 60% del personale assistenziale possiede una formazione specifica infermieristica. Rispetto alle analisi sulle cure mancate, i dati italiani dimostrano che la percentuale media di cure mancate è pari al 41%».
«In questo momento nelle aree Mediche del Misericordia, uno dei servizi più in sofferenza insieme al pronto soccorso, ad esempio, rischiamo di spostarci su un rapporto di 1:12. Mentre l’età media degli infermieri in servizio nella nostra ASL ha superato i 52 anni e quasi il 30% ha problematiche fisiche di varia natura, ci sono sostituzioni ampiamente programmabili come i pensionamenti ferme da un anno».
«Quello che ci preoccupa, nel nostro ruolo di tutela della salute dei cittadini, è però anche il livello di frustrazione e demotivazione che si respira dappertutto – proseguono gli infermieri -. I modelli professionalizzanti a cui questo Ordine plaude e di cui hanno bisogno i cittadini sono o inattuati o rimasti scritti nella carta e in poche sperimentazioni, o applicati con modalità improvvisate e che, inevitabilmente, si arenano a causa della carenza di personale. Percorsi come il see and treat o il fast track in pronto soccorso o l’infermiere di famiglia e comunità sono quindi deliberati, voluti, ma inespressi. Inespressi perché i rapporti con gli assistiti impediscono ogni sviluppo. Nessun attività viene rimodulata: si pretende che tutti si muova a ritmo non solo costante, ma in crescita, senza però adeguare gli organici. Pensiamo solo alla sanità di iniziativa ferma sul grossetano da anni proprio a causa della mancanza di infermieri».
«In questo meccanismo gli infermieri si trovano da una parte richieste di sviluppare attività importantissime, che vorrebbero portare avanti, che non riescono però a seguire dovendo invece, al contrario, garantire lo standard minimo di sicurezza in termini di assistenza. E non si parla di sicurezza a caso: In particolare, infatti, lo studio di cui sopra pubblicato su The Lancet ha dimostrato che aumentare il carico di lavoro del singolo infermiere di un solo paziente produce un aumento del rischio di mortalità a 30 giorni dal ricovero del 7%. Questo genera demotivazione, mancato senso di appartenenza aziendale, oltretutto in un sistema vissuto come distante, non collegato, ipertrofico, non comunicativo, in cui la sensazione evidente è di essere considerati numeri con un mancato investimento su competenze e abilità personali».
«Gli infermieri sono la spina dorsale del sistema sanitario e hanno uno spiccato senso valoriale, per questo il dovere professionale fa sì che ci si concentri sul nostro mandato cercando di sopperire ogni giorno alle carenze e non ascoltare la fatiche e le difficoltà. Ma così si alimenta solo il rischio di stress e di burn out che sempre gli ultimi studi nazionali ci dicono attestarsi al 39% degli operatori. Non chiediamo altro se non esseri messi nelle condizioni di poter esprimere le competenze adeguate. La formazione e la specializzazione infermieristica può dare risposte veloci, sicure e appropriate. Ha però bisogno di un sostegno aziendale e anche politico che spesso manca. Non bastano solo delibere, bisogna dar loro gambe e fondi per sostenerle. Si usano condizionali e sperimentazioni per non scontentare nessuno, ma con il rischio che le delibere non si attuino davvero mai a solo discapito del cittadino e dei professionisti che si sentono – ingiustamente – causa di questo meccanismo inespresso. Tra quota 100, limitazioni, mancate assunzioni, organico per far fronte a questi nuovi modelli, in Toscana si stima una carenza di oltre 4000 unità che nella nostra Azienda sono almeno 250. E altrettante carenza sono da riferire al personale OSS» prosegue la nota di Draoli.
«Questo Ordine da sempre si comporta con atteggiamento proattivo, mediatore e culturalmente onesto ma la situazione complessiva ci sta preoccupando molto ed i segnali che scorgiamo non ci rasserenano. La carenza infermieristica è un imperativo da mettere al centro delle agende politiche. Per questo per il mese di settembre/ottobre abbiamo intenzione di organizzare dei percorsi mediatici che accendano le luci sulla questione».