ROCCASTRADA – «Siamo estremamente soddisfatti dell’interesse suscitato dal video “Bruciati” 30 ettari di bosco al Belagaio”» afferma il comitato Val di Farma. «Siamo felici dei pareri espressi dagli esperti, dal direttore del museo di storia naturale di Grosseto Andrea Sforzi, ad Angelo Gentili della segreteria nazionale di Legambiente, dal WWF Siena al gruppo d’intervento giuridico onlus, per finire con Michele Scola e Lucilla Tozzi, presidenti rispettivamente della sezione Maremma Toscana e della sezione di Siena di Italia Nostra che giustamente sostengono che “non è stato rispettato il principio principale della Legge Forestale della Toscana: ovvero, le utilizzazioni boschive devono ispirarsi alla gestione sostenibile”».
«Siamo soddisfatti di aver scomodato Marras e l’Unione dei comuni delle Colline Metallifere. Ci sarebbe piaciuto che anche il sindaco di Roccastrada si esprimesse, per capire che opinione ha rispetto ad una vicenda che mette in gioco le sorti dell’ambiente e del turismo nel “suo” Comune. La disputa è tra chi guarda alle riserve naturali come risorse economiche da sfruttare e chi invece, come noi, le vede come enormi ricchezze da salvaguardare, come luoghi in cui conservare la biodiversità della flora e della fauna, come luoghi su cui “investire” per contrastare il disastro climatico in atto, come luoghi da “offrire” per la loro bellezza a chi la Maremma la vive ogni giorno e a chi ci viene solo da turista per trovare luoghi belli e incontaminati».
«A tal proposito c’è da aggiungere, a quanto già detto nei giorni precedenti e col nostro video, che in situazione analoga a quella del Belagaio si trova anche la riserva naturale “La Pietra”, nel comune di Roccastrada. Anche lì è stato effettuato un taglio “violento ed invasivo” ad altissima meccanizzazione, in piena primavera e quindi in pieno periodo di ripresa vegetativa; oltretutto la legna tagliata non è ancora stata smacchiata. Ci chiediamo se il disegno della Regione Toscana non sia quello di cancellare le riserve naturali del Comune di Roccastrada, di venderle come legna da ardere e cippato» continua il comitato.
«Ci chiediamo, inoltre, qual è il senso di istituire una riserva naturale, di individuarla come sito di interesse comunitario, di inserirla nella Rete natura 2000, se poi vi viene autorizzato un taglio come in qualsiasi altro bosco e vi viene autorizzato l’ingresso di mezzi meccanici estremamente invasivi? Ricordiamo che laddove è vietato raccogliere un mazzetto di pungitopo o un tubero di ciclamino, è però concesso schiacciare queste stesse piante con enormi cingolati: forse tutto dipende da “chi” fa “cosa”? Oltre alle piante tagliate, che non sono solo pini, ci sono gli animali che vivevano tra quelle piante e che sono stati costretti a fuggire e il sottobosco, che in tanti punti è stato completamente cancellato».
«La ventilata prospettiva futura di un ripristino dello stato dei luoghi al termine dei lavori è intanto già resa vana dalla prima grossa pioggia che si è trasformata in fiumi e ha scavato, non trovando più le piante a frenarla. Una riserva naturale non va “ripristinata”, va “tutelata” a priori e a prescindere. Abbiamo effettuato richiesta di accesso agli atti alla Regione – conclude – e ci riserviamo di analizzare e commentare i documenti non appena ne saremo in possesso».