GROSSETO – Venerdì 24 maggio, è stato approvato nel consiglio comunale di Grosseto l’ordine del giorno per salvare Radio Radicale. La proposta, nata dall’iniziativa dei Radicali Maremma, è stata portata avanti dal consigliere comunale Marco Di Giacopo ed ha come oggetto l’opportunità di impegnare il sindaco ad attivarsi presso il Governo, al fine di prorogare la vigente convenzione stipulata con l’emittente radiofonica in attesa della realizzazione di una nuova gara per l’affidamento del servizio pubblico.
La discussione si è aperta con l’intervento del consigliere Di Giacopo il quale ha precisato come l’ordine del giorno vertesse non tanto sulla difesa di Radio Radicale in sé, quanto verso un certo metodo di comunicazione politica e dei fatti istituzionali di cui quella stessa radio è portatrice. La trasmissione integrale delle sedute parlamentari, dei congressi, dei dibattiti e dei processi ha reso possibile in Italia la presenza di un’emittente che realizzasse un reale servizio pubblico esente da filtri e mediazioni: qualcosa che è di vitale importanza non solo per gli addetti ai lavori, ma anche per ogni cittadino al fine della creazione di una coscienza politica libera e dotata degli strumenti indispensabili per la comprensione dei fatti istituzionali e politici più rilevanti.
Il dibattito che ne è scaturito successivamente ha visto poi una sostanziale contrapposizione tra i consiglieri del M5S e quelli di tutte le altre forze politiche. Il consigliere Perruzza ha infatti precisato come intenzione dei 5Stelle non fosse quella di chiudere l’emittente radio fonica, quanto quella di porre fine alla convenzione (che ricordiamo valere 8 mln €) per fare in modo che anche RR possa confrontarsi e competere sul libero mercato.
Una critica questa che a prima vista potrebbe apparire sensata e ragionevole, ma che se analizziamo un attimo più attentamente ci accorgiamo essere totalmente contraddittoria, soprattutto quando si pretende di accostare la parola servizio pubblico a quella del libero mercato. Un evidente ossimoro dal quale la libertà e l’indipendenza dell’informazione escono con le ossa un po’ rotte, soprattutto se ci si ostina imperterriti a pensare che un tipo di informazione del genere possa sorreggersi sulle gambe della pubblicità: sicuramente molte aziende faranno la fila per far passare i propri spot pubblicitari durante qualche evento istituzionale o che so, durante il processo Riina o Pacciani.
Certo, si potrebbe dire che un ottimo compromesso al riguardo potrebbe essere rappresentato dalla realizzazione di una gara, che ponga il servizio svolto da Radio Radicale sul mercato e rispetto al quale più soggetti, sia pubblici che privati, potrebbero competere. Certamente, ma il problema di fondo è che una gara di questo tipo è ciò che la stessa radio richiede da più di 20 anni, una richiesta a cui non è mai stato dato seguito e che oggi ha portato alla situazione in cui ci ritroviamo, con la conseguenza che non prorogare la convenzione a Radio Radicale (in attesa della realizzazione di una nuova gara), significa chiudere Radio Radicale.
Significherebbe chiudere quello che ormai è diventato il paradigma di un giornalismo analitico e critico nell’analisi dei fatti politici più rilevanti oltre che l’unica vera scuola politica accessibile a tutti, ma significherebbe anche chiudere un servizio pubblico che è stato antesignano, quando ancora la convenzione non era vigente, nell’illuminare le oscure sale parlamentari, ma che oggi rischia di perdere la propria voce proprio a causa di chi un tempo quel parlamento voleva aprirlo come una scatoletta di tonno.
Se oggi molti italiani possono deliberare con quella coscienza Einaudiana indice di una democrazia sana, è proprio grazie a chi non si è arreso di fronte ad un modello accentrato e monopolistico dell’informazione radio televisiva e che ha combattuto perché tutte le voci, avessero voce.
Tommaso Emiliani membro di Radicali Maremma.