MARSILIANA – Due famiglie, 100mila euro d’investimento, una rete di 50 negozi e 300mila euro di merce ferma: questi sono i numeri di Maremma’s weed, azienda agricola di Marsiliana a conduzione familiare che ora rischia il fallimento dopo la sentenza della corte di cassazione che proibisce la vendita della cannabis light e di tutti i derivati della canapa.
«Non ci dormiamo la notte – a parlare è uno dei titolari, Riccardo Bechini che gestisce l’azienda insieme al cugino Claudio – abbiamo investito tanto e ora siamo in mano alle banche, per rientrare del debito rischiamo di essere costretti a vendere tutto. Sono già molti i negozi che ci hanno chiamato per restituirci la merce, una catena che conta tre punti vendita ci ha comunicato l’intenzione di chiudere».
Giovani famiglie che, grazie al business della canapa, avevano già progettato nuovi investimenti e creato nuovi posti di lavoro: «Il settore agricolo – spiega Riccardo – specialmente nella nostra zona è un comparto che non rende, sono molti i poderi incolti nei dintorni avremmo potuto coinvolgere e risollevare se gli affari avessero continuato ad andare bene, ma oggi è arrivata la stroncatura di tutti i nostri progetti e lo stesso vale per le 5/6 aziende nel giro di 20 chilometri che, come noi, avevano creduto in questo nuovo business. Vogliamo precisare, inoltre, che la cannabis light non è una sostanza stupefacente, ma c’è ancora tanto, troppo pregiudizio».
«E’ una sentenza proibizionista – dice Bechini – la canapa è una pianta che è sempre esistita e che può essere utilizzata in tanti ambiti: i pescatori, prima dell’invenzione del nylon, la utilizzavano per le reti da pesca realizzando un prodotto ecologico in quanto biodegradabile. Da parte nostra avevamo creato un olio essenziale eccezionale molto efficace contro il dolore ma senza alcun effetto stupefacente. C’è ancora un altro aspetto da considerare: sono moltissimi i medici che prescrivono i derivati della canapa a scopo terapeutico per i malati, da non confondersi assolutamente con la cannabis light, e il prodotto coltivato nelle caserme non è sufficiente per coprire la richiesta delle farmacie, perciò significa che, con questa sentenza, abbiamo favorito l’import di tali prodotti e quindi le economie di altri paesi».