GROSSETO – «Il Gruppo Unitario per le Foreste Italiane (Gufi), Onlus che unisce cittadini e associazioni impegnate nella difesa del patrimonio boschivo italiano, si oppone al Piano Aib di prevenzione degli incendi boschivi previsto per le Pinete Litoranee dei Comuni di Castiglione della Pescaia e Grosseto, chiede che sia bloccato con effetto immediato e radicalmente riformulato, e a tale scopo lancia una raccolta firme sul sito Change.org per invitare i cittadini a inviare mail di protesta alla Regione Toscana, al Comune di Castiglione della Pescaia e al Ministero dell’Ambiente per fermare i tagli imminenti degli alberi e degli arbusti nelle Pinete» a farlo sapere una nota del Gufi.
«Il Piano Aib, commissionato dalla Regione Toscana alla Società privata Dream – spiega la Onlus – prevede drastici interventi di diradamento degli alberi (oltre l’80%), distruzione del sottobosco, abbattimento di tutti i Pini marittimi (Pinus pinaster), la costituzione di strutture parafuoco e di viabilità e fasce di autoprotezione fortemente impattanti e addirittura l’utilizzo del fuoco prescritto. Interventi pesanti che richiedono la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), che non è stata effettuata. Inoltre la legge italiana vieta nel periodo estivo e primaverile tutti gli interventi che possano disturbare la riproduzione dell’avifauna selvatica. Non è dato sapere il destino delle migliaia di tonnellate di legno che risulteranno dalla strage di alberi, ma è doveroso sottolineare come in passato gli alberi secolari delle Pinete grossetane siano diventati legna da ardere in centrali a biomasse e ricordiamo la trasmissione del TG9 del 21.7.2015 che li destinava alla Centrale Enel a biomasse della Val di Cornia. Il Piano stesso sottolinea come il legno di pino abbia scarso valore commerciale, forse già sottointendendo quale sarà il destino degli alberi. Il Piano, per aggiungere la beffa al danno, sarà finanziato con i Fondi Europei che l’Unione Europea dà all’Italia per proteggere e tutelare le sue aree naturali di particolare valore».
«Le Pinete grossetane – spiega il Gufi – rivestono una notevole importanza ecologica e naturalistica; ricadono in una zona dichiarata Sito di Interesse Comunitario dall’Unione Europea e, pur essendo di origine artificiale, hanno nel tempo creato un ecosistema caratterizzato da dinamiche non dissimili da quelle di un bosco naturale; un aspetto che le rende ulteriormente preziose anche a scopo di studio. Caratteristiche che il piano antincendio approvato in tutta fretta dalla Regione Toscana non tiene in considerazione, puntando al taglio preventivo della biomassa: tagliare alberi secolari affinché non rischino di bruciare! Il Piano infatti, come dichiarato nell’introduzione del Piano, ha come obiettivo quello di “… creare un approccio innovativo alla prevenzione degli incendi boschivi”.
Un approccio in realtà insensato, che attribuisce alla presenza di alberi e biomassa legnosa la causa degli incendi, le cui origini vanno invece ricercate nella recrudescenza degli incendi dolosi, facilitati dalla mancanza di lotta attiva da parte dei Vigili del fuoco e dalla soppressione del Corpo Forestale dello Stato».
«Il Gufi – sottolinea la nota – denuncia le gravi lacune e contraddizioni del Piano, che manca di una visione sistemica ed è inadeguato per quanto riguarda la protezione di una zona di grande valore naturalistico e turistico e per quanto riguarda la stessa protezione antincendio. In merito al rischio incendi, è importante sottolineare che i dati smentiscono le affermazioni contenute nel Piano secondo cui gli incendi nell’area interessata siano in aumento. Inoltre l’andamento degli incendi nelle pinete grossetane è analogo alle altre zone d’Italia; e nel corso dello scorso anno non si è verificato alcun incendio. In ogni caso, la gran parte degli incendi sono di natura dolosa o colposa, provocati quindi dall’attività umana; un’analisi delle loro origini e cause è fondamentale nella programmazione degli interventi forestali. Il Piano approvato dalla Regione Toscana non fa nulla di tutto ciò, e si astiene anche dal cercare relazioni con il vertiginoso incremento della domanda di materiale legnoso per alimentare le centrali a biomasse. La gestione selviculturale proposta nel Piano, lungi dall’essere un “approccio innovativo”, non solo non tiene conto della moderna letteratura sulla gestione forestale sostenibile, ma ripropone un modello di gestione del bosco utilizzato in passato, quando le Pinete erano sfruttate per la produzione di pinoli. Un modello basato su tagli a raso, diradamenti e ripuliture del bosco che però, come ci dice la storia, non ha mai protetto le Pinete dagli incendi, alcuni dei quali devastanti. Non si capisce quindi perché riproporre questo modello di selvicultura per le Pinete grossetane come forma di prevenzione antincendio, dato che a tal fine si è già storicamente rivelata inutile e che la produzione di pinoli è cessata da molto temp»o.
«Suscita sconcerto inoltre – sottolinea il Gufi – il piano di abbattere tutti i pini marittimi in chiave antincendio, considerato che questa specie arborea è utile proprio per la rapida ricostituzione dei soprassuoli forestali danneggiati dal fuoco, data la sua velocità di rinnovazione naturale. Come motivazione per l’abbattimento dei Pini marittimi viene inoltre addotta la presenza della Cocciniglia del Pino marittimo, parassita che ha infettato, tranne che in talune zone più colpite specialmente vicino alle aree abitate, solo una percentuale di esemplari generalmente inferiore al 5-10%, e che è facilmente trattabile con gli adeguati interventi fitosanitari. Eliminare alberi sani per la paura che possano ammalarsi non può essere definita una misura di salvaguardia. Se, invece, l’obiettivo è quello di ricostituire l’originaria pineta di Pino domestico, non si comprende perché l’intervento debba essere così drastico e non si possa attuare in modo progressivo, sfruttando la rinnovazione naturale del bosco. La rinnovazione artificiale proposta dal piano è infatti altrettanto discutibile, visto che prevede la semina e non la messa a dimora di piantine di pino, per giunta con un numero di semi davvero misero: solo due per ogni albero abbattuto. Un intervento del genere comprometterebbe gravemente la struttura del bosco, che non si ricostituirebbe per molti anni a venire».
«Il piano prevede – dice ancora la nota – anche la totale eliminazione degli arbusti lungo le strade e in prossimità delle zone abitate. Altra misura insensata in ottica antincendio, considerato che il sottobosco verde contribuisce a mantenere l’umidità del suolo, riduce il rischio di incendi e rallenta quelli in corso, come certificato da 60 esperti universitari nel noto documento scientifico del 2017. Anche per quanto riguarda il sottobosco viene ignorato l’elevato impatto paesaggistico, ambientale e naturalistico. L’eliminazione del sottobosco fino all’80% distruggerà la biodiversità e renderà inospitale l’habitat a molte specie animali, di cui alcune protette, di fatto utilizzando i Fondi Europei destinati alla protezione degli habitat per distruggere delle preziose nicchie ecologiche. Il sottobosco costituisce inoltre lo stadio iniziale di un processo di successione, che porterà nel tempo alla formazione della macchia mediterranea o della lecceta. Inoltre, se come previsto dal piano venisse rimosso il sottobosco, per poi lasciare a terra il legno triturato derivante dal taglio, il rischio di incendio sarebbe notevolmente più alto una volta che il legno si sarà seccato, trasformandosi nel perfetto materiale da innesco. Il piano prevede anche l’utilizzo del fuoco prescritto, tecnica deleteria la cui adozione è in evidente contrasto con la tutela della biodiversità vegetale e animale. Il fuoco prescritto ha pesanti ripercussioni negative sulle componenti dell’ecosistema foresta: produce effetti negativi sul suolo, causando la diminuzione della sostanza organica, la perdita di fertilità, il peggioramento delle proprietà fisiche; piante e animali muoiono bruciati, di terrore o asfissia. Anche le fasce parafuoco presenti nel progetto, larghe ben 50 metri, sono considerate inutili dalla letteratura scientifica, e lo stesso si può dire delle fasce di 20 metri previste lungo la viabilità. Si tratta di tagli evitabili: è possibile proteggere la pineta con fasce di latifoglie sempreverdi come il leccio o la sughera, la cui corteccia è scarsamente combustibile. Inoltre gli interventi di “pulizia” biennali o triennali comporterebbero costi proibitivi che difficilmente potranno essere sostenuti. I fondi andrebbero invece spesi per migliorare le attività di prevenzione e lotta attiva antincendio, schierando mezzi e personale sul territorio».
«Per questi motivi – conclude la nota – il Gufi chiede un sussulto dell’opinione pubblica e invita i cittadini a mobilitarsi in difesa del nostro patrimonio boschivo, i cui benefici per la società sono incalcolabili e vanno dalla salute fisica a quella psicologica, dall’importanza delle molecole naturali nella farmacopea al ruolo della Natura in ogni cultura umana. Firmando la petizione “Salviamo le Pinete Grossetane” sul sito Change.org, i cittadini possono far sentire la loro voce per proteggere quello che è un bene comune, e se lo desiderano, inviare una mail di protesta alle persone che hanno autorizzato questa devastazione.
In un momento di emergenza climatica come quello attuale, le nostre foreste vanno protette più che mai».
Gufi – Gruppo Unitario per le Foreste Italiane
L’associazione, che si propone come “sindacato nazionale delle foreste”, è una ONLUS che persegue finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, finalizzate alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni dell’ambiente e all’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, con particolare riferimento al patrimonio arboreo e forestale del territorio nazionale; allo sviluppo di una cultura forestale che consideri il bosco quale ecosistema complesso e fondamentale per la vita dell’uomo e per gli equilibri ecologici del pianeta in cui la funzione di sfruttamento produttivo non sia quella prevalente; agli interventi di tutela e conservazione del paesaggio forestale e del relativo patrimonio culturale; a favorire il restauro dei boschi, la ricolonizzazione spontanea da parte del bosco dei terreni abbandonati e la riforestazione delle terre marginali; a destinare una quota dei boschi esistenti ai processi di rewilding ossia di crescita e sviluppo libero da condizionamenti antropici; a bandire la produzione di biomasse forestali ad uso energetico; a vietare l’uso dei fuochi prescritti e altri metodi distruttivi della biodiversità; a una nuova legislazione in materia forestale che riconosca che il bosco è soggetto di diritto perché l’uomo ha il dovere di rispettarlo, curarlo, aiutarlo nella sua evoluzione naturale; al dovere dell’uomo corrisponde il diritto del bosco, il quale è parte della natura come lo è l’uomo; a promuovere la frequentazione del bosco e la sua fruizione da parte delle persone di ogni età per i benefici che ciò comporta sul benessere psicofisico umano; a interventi e azioni finalizzate ad assicurare alle generazioni future la possibilità di godere dei benefici di boschi estesi e rigogliosi; alla ricerca scientifica di particolare interesse sociale in campo forestale e ambientale. Il Consiglio Direttivo del Gufi è composto da: Giovanni Damiani (Presidente); Patrizia Gentili e Bartolomeo Schirone (Vicepresidenti); Daniele Zavalloni (Segretario); Ugo Corrieri (Tesoriere); Stefano Allavena, Alessandro Bottacci, Stefano Gotti, Silvano Landi, Ferdinando Laghi e Franco Tassi (Consiglieri). Il Gufi chiede lo stop immediato al piano e la sua radicale revisione.