TALAMONE – «Sul porto di Talamone insistono alcuni cantieri che appaiono palesemente fuori norma e che deturpano un’area altrimenti ancora ben conservata» ad affermarlo è Tommaso Fattori, del gruppo consiliare Si Toscana a sinistra che ha anche presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Grosseto. «In particolare colpisce la gravità di una cospicua attività di rimessaggio, carenaggio, alaggio e pulitura scafi che si trova appena fuori dal perimetro riconosciuto come specchio d’acqua del porto».
«In questo cantiere, che è in continua espansione, si sollevano e si puliscono imbarcazioni, senza che risulti un’autorizzazione per questo tipo di attività e senza che vi siano le vasche di raccolta, il che genera un evidente danno ambientale. Il tutto va avanti da lungo tempo, nel silenzio generale». Affermano i consiglieri regionali di Sì-Toscana a Sinistra, Tommaso Fattori e Paolo Sarti, che a inizio mese hanno presentato un esposto in Procura. «Abbiamo inutilmente cercato di venire a capo della vicenda della concessione rilasciata ad un soggetto privato, ma il Comune di Orbetello non ha fornito alcuna risposta adeguata limitandosi a dire che tutto era in regola, mentre la Giunta regionale si è limitata a prendere atto della versione fornita dal Comune senza alcun approfondimento né verifica della concessione. Abbiamo perciò chiesto alla Procura di valutare se non sia quantomeno riscontrabile il reato di abuso d’ufficio o omissione di atti d’ufficio».
«L’attività va avanti da almeno una trentina d’anni ma a noi risulta che il Comune di Orbetello avrebbe rilasciato una concessione solo nell’aprile del 2019, ossia dopo le nostre ripetute interrogazioni e sollecitazioni in Regione Toscana. In ogni caso si tratta di una concessione che il Comune non potrebbe comunque rilasciare, dato che l’area occupata dal soggetto privato in questione è compresa tra quelle che il Decreto del presidente del Consiglio del 21 dicembre 1995 individua tra le zone escluse dal conferimento di funzioni agli enti locali, come ben chiarito nel 2007 dalla stessa capitaneria del porto di Livorno al Comune di Orbetello».
«Sappiamo che il titolare del cantiere corrisponde al Comune gli oneri a fronte di una presunta occupazione ‘sine titulo’ di un’area demaniale – prosegue la nota -. Oltretutto nelle scorse settimane il proprietario del cantiere ha ottenuto dal Comune di Orbetello una sanatoria per il quadro elettrico, la pavimentazione in cemento e l’erezione di un muro. Un’ammissione di irregolarità, evidentemente, ma ci domandiamo cosa ne è del resto del cantiere: il Comune di Orbetello intende sanare anche l’attività irregolare di carenaggio? Peraltro in un’area esterna al porto, rispetto alla quale non ha competenza, per l’appunto, a rilasciare una simile concessione?»
«Come se non bastasse – continuano i consiglieri Fattori e Sarti – le analisi effettuate nello specchio d’acqua del porto, nell’ambito dei lavori di dragaggio affidati a Hera, avevano portato al rinvenimento di sedimenti inquinati da zinco per l’appunto nella sola zona vicina al cantiere oggetto della nostra denuncia. Ci pare una prova evidente, se mai ve ne fosse stato bisogno, dell’inquinamento provocato da un’attività molto impattante e che peraltro va ben oltre i 20 metri della ipotetica concessione che il Comune di Orbetello afferma esistere da sempre e di cui non siamo riusciti ad ottenere prova documentale. Il cantiere si estende infatti per circa 70-80 metri, contiene una quindicina di imbarcazioni e quattro container arrugginiti di grandi dimensioni, che probabilmente contengono rifiuti speciali e suk cui destino ci stiamo interrogando. E’ talmente esteso che si è mangiato la via vicinale e incombe sul canale parallelo alla riva del mare. Chi passeggia su questa bellissima via, deturpata solo da questo cantiere, lo fa a proprio rischio e pericolo».
«La notizia di stamani, che peggiorerebbe ulteriormente il quadro, è che sarebbero state rimosse le boe inizialmente collocate per circoscrivere l’area del porto e separarla da quella prospiciente al cantiere al fine di delimitare la zona dell’intervento, e che in questo momento sarebbe dunque in corso il dragaggio delle sabbie nello specchio d’acqua posto davanti al cantiere stesso, presumibilmente inquinatissime. Il che rimuoverebbe le prove del forte inquinamento prima del possibile intervento della Procura, oltre a provocare un consistente danno ambientale a seguito della rimozione delle sabbie, peraltro effettuata con tecniche vecchie, mentre si sarebbe potuto adottare l’ecodragaggio. Il Porto di Talamone – continuano Fattori e Sarti – è un gioiello incastonato nel preparco della Maremma. Chiunque può vedere che il cantiere è una sorta di mostro inserito in questo contesto eccezionale. Ed è uno schiaffo a tutti gli altri operatori del settore che a Talamone o nella vicina Fonteblanda lavorano nel rispetto delle regole e dell’ambiente. Del resto, tutti gli atti ufficiali mostrano che sono solo due i punti autorizzati di alaggio delle imbarcazioni a Talamone, ossia presso il molo Santa Barbara (Talamonaccio) e, per le sole unità non superiori a 10 metri, in una banchina antistante al porto».
«C’è anche un altro caso macroscopico, dato che di fronte a questo cantiere, nell’interno, ce n’è un secondo, addirittura addossato alle mura del cimitero. Anche in questo caso il Comune afferma che risulterebbe una regolare concessione ad un altro soggetto privato. Ma è possibile? Per legge (art. 338 del testo unico delle leggi sanitarie) i cimiteri devono essere isolati dall’abitato da una zona di rispetto e non sono ammissibili deroghe al vincolo cimiteriale per interessi privati, come conferma una sentenza del Consiglio di Stato del 27 luglio 2015 n.3667. Siamo esterrefatti per il pervicace lassismo e l’incapacità, o persino la non-volontà, di controllo da parte degli enti preposti alla tutela del porto di Talamone. Oltretutto in una situazione che vede l’investimento di consistenti risorse pubbliche: 600 mila euro della Regione e 150 mila del Comune di Orbetello, oltre ai 350 mila dell’Associazione Consortile, per finanziare il dragaggio in mare. Un dragaggio che riguarda una sola zona specifica del porto, quella antistante a sei pontili gestiti da cinque Srl, e che esclude l’area di maggior interesse pubblico, ossia quella dove approda il traghetto e dove vi sono le principali attività commerciali. Insomma, non vorremmo che anche in questo caso fossero state fatte scelte a vantaggio di precisi interessi, spendendo oltretutto parecchi soldi pubblici a vantaggio di pochi».
«Siamo infine preoccupati che sul futuro del porto incomba un vecchio progetto mai realmente abbandonato: la creazione di una ‘Marina’ da affidare in concessione ad un gestore unico anziché ad una pluralità di soggetti, dunque del tutto scollegata dal paese e dalla sua comunità. Non vorremmo che la disinvoltura dimostrata da alcuni proprietari di cantieri fosse dovuta anche all’arretramento complessivo da parte delle istituzioni. Mentre la Procura della Repubblica condurrà i suoi accertamenti, vorremmo che Arpat, in quanto Agenzia regionale, verificasse e confermasse la presenza di inquinanti. E chiediamo – concludono Fattori e Sarti – che il futuro del porto venga deciso coinvolgendo i cittadini e le associazioni ambientaliste».