GROSSETO – «La Regione Toscana ha da poco approvato l’atteso piano antincendio: un piano ad alto impatto ambientale, destinato a stravolgere il profilo estetico delle pinete e a comprometterne il valore ecologico e naturalistico» a parlare il rappresentante del Wwf, Luca Passalacqua.
«Non ci riferiamo – precisa Passalacqua – all’abbattimento di piante secche, cadenti o malate, ben venga. Né a strisce di interfaccia con i centri abitati, né alla potatura dei pini lungo le strade. Ma a quella “pulizia” (il termine, riferito al sottobosco è un’ingiuria) che si vuol fare a tutti i costi in altre zone, comprese le aree protette e che rappresenta “l’ideale” di pineta per molti tecnici: file di pini senza niente sotto. La gestione del post- incendio del 2012 tracciava già questa rotta e non ci è mai piaciuta. Certamente andava data una risposta al problema degli incendi. Una risposta in grado di difendere la pineta e i cittadini da quei criminali che negli ultimi anni hanno danneggiato fortemente il territorio (è singolare che nel piano si parli di tutto fuorchè della natura dolosa degli incendi in pineta). Avevamo chiesto una risposta ponderata, che mirasse anche alla conservazione del “valore ecologico” della pineta: che invece è il grande assente delle 172 pagine. Il piano enuncia che la pineta è un importante ecosistema, di alto valore naturalistico, ma di questi valori, né qui nè in altre sedi, nessuno parla mai. Possiamo dire addio alla pineta che abbiamo conosciuto fin da ragazzi, al paesaggio che ha accompagnato innumerevoli passeggiate o che semplicemente abbiamo guardato con la coda dell’occhio dal finestrino, migliaia di volte, come un sottofondo musicale. Che fa parte di quel bagaglio personale, di quell’affetto che colora il nostro rapporto con il territorio maremmano».
«In tante pagine – prosegue l’esponente Wwf – neanche una riga è stata dedicata alle coppie nidificanti della bellissima Ghiandaia marina (specie protetta a livello internazionale, monitorata per decreto ministeriale), che elegge a dimora preferenziale proprio la pineta maremmana, suo habitat -chi ha avuto la fortuna di incontrarne una, non può dimenticare il suo turchese sgargiante. L’equilibrio ecologico di questa specie è legato a doppio filo alla conservazione di pini senescenti e alla salvaguardia incrociata di altre specie-chiave, come il picchio verde. Sì, perché gli eco-sistemi, si sa, hanno questo grande difetto: sono caratterizzati dalla complessità, sono organizzati in una catena di interrelazioni, per cui la turbativa di un solo elemento è in grado di destabilizzare completamente tutto quanto. Chi ha parlato di “falsi ambientalisti” chieda ai componenti del GOM (Gruppo ornitologico maremmano), che periodicamente fanno censimenti e segnalano nel loro periodico tutte le presenze ornitiche di rilievo, se questi e altri uccelli ci sono. Di cosa si nutrono, dove risiedono. La maggior parte è legata al sottobosco. Chiediamolo al Museo di Storia Naturale che ha organizzato i Bioblitz, che ha ospitato zoologi con studi specifici sugli uccelli nella pineta. Chiediamolo ai 70 docenti universitari che hanno firmato un documento dettagliato, in risposta all’ordinanza del Sindaco che chiedeva l’abbattimento di tutto il sottobosco. Leggiamolo nelle Direttive e allegati che hanno riconosciuto Zona di Interesse Comunitario la Pineta tra Marina e Castiglione».
«Nessuna riga sulle Tartarughe di Hermann – dice ancora Passalacqua – quelle normali tartarughe che tutti noi maremmani abbiamo sempre visto e trovato a Marina, a Castiglione, Principina, protette in tutta Europa! Specie in declino, ma da noi presenti eccezionalmente con giovani individui. Ci si è giustamente scandalizzati dei ragazzi che hanno preso a calci un esemplare sulle mura, ma si scorrazzerà bellamente con mezzi pesanti e trince in lungo e in largo, schiacciandole e distruggendo il loro ambiente. Protette da chi? Non un rigo è stato dedicato alla dozzina di orchidee spontanee (protette da Legge Regionale 56/2000), alcune delle quali crescono solo in pineta. Altrove vengono censite, geo-referenziate, diffusa la loro conoscenza; andrebbero difese, ma ci si passerà sopra. Letteralmente. Sarebbe sufficiente documentarsi sugli equilibri di questi fiori rari e straordinari con funghi che vivono in rapporto con le piante, per farsi venire il dubbio che stravolgere la pineta non sia una buona idea. Cambierà il microclima a terra: non più il muschio, non più distese di ciclamini o le bacche delle sclerofille che sfamano d’inverno gli uccelletti. Si potrebbe continuare valutando che non un rigo è stato scritto sul Cervone, presente e protetto anch’esso da Direttiva europea, o sul Cuculo dal ciuffo, etc. Per denudare la pineta dal sottobosco e ridurlo a 50 cm di altezza, si dovrà passare ovunque con mezzi pesanti: danni al terreno, distruzione dell’habitat di quella microfauna invisibile, fauna che in Maremma diamo per scontata, come i ricci (che faranno la fine delle tartarughe), le istrici, i vari passeriformi, i biacchi: quelli sono difesi troppo debolmente dalle leggi. La Direttiva n. 92/43/CEE ha identificato nelle pinete di pini domestici e selvatici siti su dune fossili uno degli habitat prioritari , salvo oggi poterlo devastare perfino nel SIC-SIR-ZPS con fondi…comunitari. Un altro di quei paradossi all’italiana? La pineta come bosco è un ecosistema. Una fila di pini con sotto un bello strato di aghi secchi no. Magari non brucerà, ma non lo è più».
«Ci vuole conoscenza e sensibilità verso la complessità – conclude il rappresentante del Wwf – non una mentalità grossolana, che ragiona sul bosco come farebbe un geometra. Se alcuni non si fossero impegnati con forza per salvaguardare il nostro territorio, non ci sarebbe il Parco della Maremma e si continuerebbe a sparare nella Diaccia Botrona, oggi Sito di interesse Internazionale».