GROSSETO – Da alcuni giorni si è aperta una forte discussione sui contenuti del nuovo Piano lupo, recentemente elaborato da Ministero dell’ambiente e depositato all’attenzione della Conferenza Stato–Regioni. «Alla soddisfazione espressa a caldo dagli animalisti e da alcuni esponenti delle associazioni ambientaliste nazionali, non possiamo che rispondere con la nostra netta contrarietà ed insoddisfazione su un provvedimento che continua a perseguire una strada sbagliata» afferma Federcaccia.
«Nonostante il crescente disagio e le forti criticità che si stanno moltiplicando nei territori per la convivenza tra lupo, allevamento ed attività umane, il Ministero continua a proseguire su una linea ultra–conservativa per la specie evitando di imboccare la strada della gestione. Ora la parola passa alle Regioni e la discussione, viste le posizioni in campo, non potrà fare a meno di essere condizionata dalla forte contrapposizione registrata all’interno della maggioranza del governo giallo-verde. Non è infatti un mistero lo scontro tra 5 Stelle e Lega, e sarà altrettanto importante capire come nelle Regioni e in Parlamento si muoveranno le forze di opposizione su questa delicata vicenda».
«La cosa certa è che alcune posizioni emerse in seno al recente convegno promosso a Roma da Ispra abbiano avuto la meglio rispetto a quella parte del mondo scientifico ed istituzionale che sulla scorta dei dati e delle esperienze maturate anche in altri paesi europei, ponevano l’esigenza di un cambio di passo, introducendo la possibilità di attivare azioni per garantire le attività di gestione e di controllo della specie. I guai però sembra che non finiscano qui – continua Federcaccia -. Dal ministro dell’ambiente sono partiti anche altri strali minacciosi. Questa volta l’obiettivo è puntato sui cacciatori, ed in particolare contro le squadre per la caccia al cinghiale in battuta. Un chiaro attacco alla pratica della caccia in braccata per gli effetti negativi e di disturbo che potrebbe aver sulle popolazioni di lupo. Il Piano sembra contenere una rigida regolamentazione nella quale, secondo le indicazioni Ispra, nelle aree sensibili come i siti Rete Natura 2000 e le aree contigue adiacenti ai Parchi nazionali e regionali entro 24 mesi dall’adozione del Piano».
«Per un Regione come la Toscana ciò significherebbe ridurre, o forse addirittura inibire la caccia al Cinghiale in braccata su una estensione di circa 56.800 ettari di aree contigue e oltre 330.000 ettari nei siti Rete Natura 2000 (SIC, SIR e ZPS) oggi solo parzialmente in divieto di caccia. Le ricadute sarebbero devastanti per questa forma di caccia, ma soprattutto per la gestione di una specie problematica come il Cinghiale che oggi, grazie alle squadre ed alla braccata, registra piani di prelievo annuali di circa 70.000 capi abbattuti in media».
«Cosa ne pensa la Regione Toscana di tutto questo? Cosa intende fare l’assessore Remaschi e la Giunta per difendere una tradizione venatoria ancora oggi praticata da migliaia di appassionati? Quali sono le valutazioni e le posizioni delle forze politiche e le iniziative che esse prenderanno per impedire un disegno così pericoloso? La campagna elettorale è nel vivo e ovunque si svolgono incontri e confronti con i candidati e gli schieramenti. Ovunque avremo modo di partecipare la Confederazione Cacciatori Toscani porterà questo ed altri argomenti su cui giudicherà l’operato della politica» conclude Federcaccia.