GROSSETO – Quattro anni di indagini, decine di persone coinvolte e 31 indagati. Questo il primo bilancio dell’attività investigativa portata avanti dalla Procura della Repubblica di Grosseto per smascherare un vero e proprio sistema di truffa sulla commercializzazione di olio straniero spacciato per prodotto con marchio “Toscana Igp”
La Procura della Repubblica di Grosseto ha notificato oggi l’avviso di conclusione di indagini preliminari iniziate nel 2015, per trentuno persone (produttori di olio extravergine di oliva, titolari di frantoi e rivenditori), in relazione al reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di un numero indeterminato di delitti di frode nell’esercizio del commercio di olio extravergine di oliva, nonché in relazione ai delitti-fine, posti in essere, tra l’altro, mediante falsità documentale.
L’avviso di conclusione delle indagini è stato emesso anche nei confronti di alcune società operanti nel settore, alle quali sono stati addebitati i corrispondenti illeciti amministrativi.
I reati evidenziati dalle indagini della Procura della Repubblica di Grosseto rappresentano tra i più gravi episodi finora accertati in Toscana nel campo della pirateria agroalimentare avente ad oggetto l’olio extravergine di oliva.
L’attività criminale è consistita, in particolare, nella messa in vendita, da parte dei soggetti sopra indicati, di olio extravergine di oliva di origine comunitaria (in prevalenza olio greco) contrabbandato: per olio extravergine di oliva “Toscano IGP”; 2. o per olio extravergine di oliva italiano. La frode agroalimentare ha riguardato le campagne olearie 2014-2015 e 2015-2016, allorché i quantitativi di olio extravergine di oliva prodotti in Toscana non erano stati così abbondanti da consentire un soddisfacente smercio: malgrado la produzione di olive alquanto scarsa (a causa di condizioni climatiche avverse), grazie all’attività fraudolenta, gli indagati erano riusciti a commercializzare notevoli quantitativi di olio extravergine di oliva, da loro venduto come “italiano” mentre, in realtà, si trattava di olio extravergine di oliva “comunitario” (in prevalenza “greco”), nonché notevoli quantitativi di olio extravergine di oliva, da loro venduto come “atto a divenire Toscano IGP” (di maggiore pregio in quanto con indicazione geografica protetta), mentre in realtà si trattava di olio extravergine di oliva “greco” O genericamente italiano”.
L’attività illecita è stata realizzata attraverso metodologie varie, implicanti l’utilizzo di strumenti diversi, quali: la registrazione di false moliture di olio atto a divenire “Toscano IGP” per giustificare il maggiore quantitativo di olio extravergine di oliva; l’acquisto di olio comunitario e italiano con simulazione di vendite dell’olio meno pregiato per giustificare lo scarico di tale prodotto – che altrimenti sarebbe risultato sempre in carico all’azienda – con successiva sua “trasformazione” in quello più pregiato; l’utilizzo di documentazione falsa; gli acquisti di olio meno pregiato “in nero” per giustificare poi le false moliture di olio atto a divenire “Toscano IGP”; l’acquisto di olio atto a divenire “Toscano IGP” solo su “carta”; la miscelazione di olii di origine e qualità diverse; le irregolarità nelle annotazioni nei registri SIAN (Sistema informativo agricolo nazionale), ecc.
E’ in tal modo che gli operatori economici oggetto delle indagini, anche nelle annate 2014/2015 e 2015/2016, molto critiche per la produzione, erano stati in grado di assicurarsi considerevoli (oltre che illeciti) profitti, lucrando sulla differenza di prezzo tra l’olio comunitario (o addirittura, in alcuni casi, extracomunitario) realmente fornito – di qualità sicuramente inferiore per caratteristiche organolettiche, zone di produzione e tecniche di lavorazione – e quello italiano (o addirittura toscano) invece falsamente “contrabbandato”: in sostanza, era stato messo in vendita olio extravergine di oliva (EVO) come olio extravergine di oliva di pregio, a prezzi notevolmente superiori, sia sul mercato italiano, sia sui ricchi mercati esteri, con conseguente rilevanti guadagni (il brand “Toscana”, infatti, è in grado di assicurare prezzi decine di volte superiori al normale standard del comune olio extravergine di oliva).
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La corposissima indagine era stata avviata dalla Procura della Repubblica di Grosseto alla fine del 2015: gli accertamenti, a quel tempo, avevano preso spunto da verifiche documentali svolte già in precedenza dall’ICQRF (Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari) e da successivi servizi su strada, nonché da accertamenti e confronti con il Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN). Le investigazioni erano consistite, all’inizio, in controlli sulle attività di soggetti che acquistavano olio greco per poi cederlo come italiano e come “Toscano IGP”. Con il prosieguo delle indagini, si era riusciti a smascherare l’intera rete: la frode veniva perpetrata, in forme e in quantità diverse, benché sempre in modo sistematico, in varie province della Toscana, tra cui appunto quella di Grosseto.
Gli accertamenti, effettuati su quattro provincie toscane (Grosseto, Siena, Arezzo e Firenze) e la provincia di Foggia, avevano richiesto complesse attività, fatte di controlli documentali, campionamenti per analisi chimiche, incrocio di banche dati, appostamenti, intercettazioni, perquisizioni e sequestri. In particolare, nel luglio 2016, la polizia giudiziaria operante, in esecuzione di un decreto di perquisizione e sequestro emesso dalla Procura della Repubblica di Grosseto, aveva perquisito poco meno di cinquanta “obiettivi”, tra società e imprenditori individuali, commercianti e imbottigliatori di olio nazionale e toscano, nelle province di Grosseto, Firenze, Arezzo, Siena e Foggia. Nel corso delle perquisizioni era stata sequestrata una considerevole mole di documentazione e di materiale informatico, oltre a ingenti quantitativi di olio, poi sottoposto ad analisi.
Invero, per appurare la reale provenienza dell’olio, sono state utilizzate raffinate tecniche di indagine molecolare e, in particolare, l’analisi del DNA (che attualmente è l’unica analisi in grado di caratterizzare in maniera inequivocabile specie e varietà diverse di olive, grazie al confronto dei polimorfismi lungo il loro genoma): in taluni casi è stato rilevato un profilo molecolare comprensivo di varietà principalmente non italiane, in altri casi l’analisi ha consentito di evidenziare la presenza di varietà greche, spagnole e pugliesi.
Le indagini sono state svolte essenzialmente dal Gruppo Carabinieri Forestale di Grosseto che si è avvalso del proprio Nucleo Investigativo NIPAAF, ma anche della collaborazione di altri Gruppi coordinati dal Comando Regione Carabinieri Forestale Toscana (supportati dalla sezione centrale di analisi), nonché dell’importante contributo dell’ICQRF, che ha dato l’avvio alle indagini, e infine della assistenza di altri istituti ed organi di ricerca, tutti coordinati e costantemente diretti dalla Procura della Repubblica di Grosseto.
Tra le società coinvolte nell’illecita attività figurano anche veri e propri colossi del mercato internazionale di olio extravergine, in grado di condizionare al ribasso – a seguito dell’imponente e fraudolento approvvigionamento da fornitori esteri – i prezzi del mercato locale. Invero, la grande frode messa in campo da questo sistema ha danneggiato, tra l’altro, i piccoli produttori locali, che non hanno potuto beneficiare della favorevole condizione di mercato, dovuta alla grande domanda del prodotto e alla sua contestuale limitata offerta.
I crimini agroalimentari, in effetti, mettono fuori mercato proprio coloro, agricoltori e imprenditori agricoli, che producono olio di qualità e di pregio, come l’olio IGP Toscano.
La lotta ai contraffattori agroalimentari è fondamentale proprio per la tutela dell’economia e del territorio nazionali, oltre che dei consumatori.