GROSSETO – I sindacati Cgil, Cisl e Uil, assieme alle Rsu e alla Rsa della dirigenza Arpat dichiarano lo stato di agitazione di tutto il personale. «Nel corso degli ultimi anni più volte i sindacati hanno denunciato, pubblicamente, il progressivo deteriorarsi della situazione di ARPAT ed il pericolo che questo stato delle cose costituisce per l’ambiente della Toscana, per la salute dei suoi cittadini e anche per lo sviluppo economico che, per essere sostenibile, deve fondarsi sulla conoscenza dell’ambiente e delle sue dinamiche, la mission dell’Agenzia».
«Oggi Arpat è sull’orlo del collasso a causa di un quadro nazionale incerto, ma soprattutto per politiche regionali miopi e scelte aziendali incomprensibili, che hanno determinato un progressivo depauperamento di risorse umane e strumentali e disastri sotto l’aspetto organizzativo ed operativo. Da anni, in un contesto già difficile per le politiche nazionali di rigore verso le pubbliche amministrazioni, la Regione impone ad Arpat ulteriori vincoli di bilancio, che hanno pesantemente inciso sulla spesa di personale e che ancora limitano la possibilità di assumere: tra 2010 e 2018 il personale è diminuito del 17% (da 771 a 637 dipendenti); nei prossimi mesi, anche per effetto di “Quota 100”, la situazione si aggraverà ulteriormente visto che, nell’impossibilità di garantire un adeguato turn-over, sarà inevitabile l’ulteriore perdita di professionalità e competenze indispensabili per lo svolgimento delle attività istituzionali dell’Agenzia e continueremo ad assistere all’inesorabile incremento dell’età media dei lavoratori, già superiore ai 50 anni. Critica è anche la carenza di dirigenti, il cui numero è ormai insufficiente per coprire la direzione di tutte le strutture e per garantire le funzioni tecnico-professionali caratteristiche della figura dirigenziale all’interno delle Agenzie di protezione ambientale».
«Ogni anno il bilancio di Arpat si chiude con attivi milionari che, magicamente, vanno a rimpolpare le casse della Regione invece di essere reinvestiti in attrezzature e nelle strutture, sempre più vetuste. I finanziamenti regionali, per giunta, diminuiscono (- 4 milioni di euro negli ultimi 5 anni) – proseguono i sindacati -. Senza un radicale cambiamento nelle politiche regionali, risulterà impossibile anche il mantenimento dell’attuale livello qualitativo e/o quantitativo delle attività. Solo nell’ultimo anno (confronto 2017-18), i controlli sono così diminuiti:
• acque di scarico (depuratori civili e industriali, ecc.): -18%,
• analisi alle emissioni in atmosfera di impianti industriali: -30%,
• controlli sull’inquinamento acustico (strade, aeroporti, esercizi pubblici, ecc.) -38%,
• controlli elettromagnetismo (stazioni radio, Tv e telefonia; elettrodotti; ecc.) -10%,
• controlli su impianti di gestione rifiuti (discariche, inceneritoti etc.) -12%
I pareri tecnici (per autorizzazioni e valutazioni ambientali) resi alle amministrazioni locali segnano quasi -8% e, su recente decisione della Regione, vengono rimpiazzati da un “contributo” rilasciato agli Uffici regionali, liberi di decidere come recepirlo (posizione unica regionale), privando i Comuni e gli altri Enti locali del supporto specialistico garantito dall’Agenzia nelle Conferenze dei Servizi».
«Tutto questo è possibile perché Arpat non ha una reale autonomia, ma rimane un ente dipendente della Regione, che non solo impartisce indirizzi programmatici, ma interviene direttamente sull’organizzazione e ultimamente anche sull’operatività – continuano i sindacati -. Peraltro al contrario di quanto prevederebbe la recente Legge 132/2016, che ha potenziato il ruolo delle Agenzie ambientali e che attende, invano, da oltre un anno e mezzo, di essere recepita dal legislatore regionale, forse intimorito dal regime di terzietà che dovrebbe riconoscere ad Arpat. Adesso la Regione ha deciso di tagliare anche una parte sostanziale delle risorse aggiuntive che servono per garantire lo stipendio dei dipendenti di Arpat, disattendendo accordi consolidati da anni. Infine, per completare l’opera, l’attuale Direzione di Arpat si limita ad assistere al progressivo disastro, tentando di eludere il confronto sindacale, bloccando di fatto il processo di riorganizzazione ed evitando anche di procedere al rinnovo degli incarichi dirigenziali. In questo contesto di fatto si scarica ogni responsabilità sui singoli lavoratori, sempre più soli e disorientati».
«È paradossale che tutto questo avvenga in un territorio che ha nell’ambiente, naturale e costruito, la sua principale fonte di ricchezza: un’irresistibile attrattiva che richiama visitatori da tutto il mondo e il presupposto che sorregge una filiera di straordinarie produzioni agro-alimentari. Lavoro e benessere anche per le generazioni future. Per non parlare dei positivi riflessi in campo sanitario – che sono anche economici – del poter vivere in un ambiente salubre ed armonioso. In assenza di risposte concrete, siamo pronti ad intraprendere con i lavoratori tutte le azioni necessarie. Chiediamo anche il sostegno dei cittadini, per evitare che si blocchino le attività di controllo e di tutela dell’ambiente, perché Arpat è un tassello fondamentale per garantire il diritto alla salute ed un futuro sostenibile alla collettività toscana».