GROSSETO – «Nel contesto della qualità del servizio postale pubblico percepita dalla popolazione, e nella fattispecie del servizio di recapito della posta a giorni alterni, un fattore importante per formulare un
giudizio serio e definitivo su tale argomento è rappresentato dall’analisi del livello di gradimento manifestato dal cittadino medio che riceve tale tipo di sevizio pubblico e universale» a dirlo è Rifondazione Comunista di Grosseto in una nota, che analizza il servizio di posta a giorni alterni anche dal punto di vista dei lavoratori, oltre che degli utenti.
«Si può constatare – spiega Rifondazione – che il pensiero è comune, corre dalla denuncia per il grave disservizio cronico del ritardo della posta, immutato dopo ben 10 ristrutturazioni aziendali del settore in 15 anni, ai mille inciampi dovuti ad una organizzazione “fallace” di Poste Spa che, ad esempio, spaccia come normalità organizzativa far trascorre giorni e giorni per permettere ad un cittadino di ritirare una raccomandata depositata in un ufficio postale quando questi è stato trovato assente al suo domicilio. Ma non sfugge al cittadino-utente un’altra particolare realtà complementare al disservizio, che in parte definisce e chiarisce il disservizio stesso: il livello della condizione penosa e dello stato avvilente della mansione di portalettere raggiunta con i giorni alterni. Questo aspetto è stato fin troppo trascurato».
«Abbiamo chiesto – prosegue la nota – di poter essere illuminati meglio su questi aspetti, proprio e direttamente a questi lavoratori, che hanno trovato nel nostro partito una cassa di risonanza ai loro drammi. Apprendiamo quindi che l’introduzione dei giorni alterni può essere sintetizzata con il seguente esempio: negli uffici dove lavoravano mediamente 4 portalettere, che servivano quattro zone postali, ora sono in due portalettere a fare lo stesso lavoro di prima, però a giorni alterni. I due lavoratori superstiti, a giorni alterni, fanno una delle due zone affidate loro: un giorno la A e un giorno la B. Non deve sfuggire che ogni zona, ogni giorno, lavora su due giorni di posta: una parte è ferma dal giorno prima, un’altra parte è composta dall’arrivo giornaliero: il doppio della posta tutte le mattine».
«Sappiamo che esistevano grossissimi problemi organizzativi anche prima dell’implementazione dei giorni alterni – chiarisce Rifondazione – immaginiamo ora. Si lavora allo spasimo, sospesi sopra una corda di violino tirata all’inverosimile. Il tempo manca sempre. E’ tiranno. Un’altra aliquota di portalettere è stata distolta dal servizio base, che è già dimezzato di suo, ed è stata impiegata per ricoprire orari inconsueti che si protraggono sino alle ore 20.00: è chiamata “linea business”. Questa linea business dovrebbe compensare, nell’arco del pomeriggio/sera, il lavoro dei portalettere base; consegnano esclusivamente oggetti a firma e pacchi. Soprattutto fronteggiano l’aumento esponenziale degli invii online che il boom dei pacchi comporta».
«In pratica meno personale – sottolinea la nota – ma più lavoro per tutti, con orari improponibili solo per rispettare i contratti stipulati con note multinazionali dell’e-commerce, senza averne i mezzi umani e strumentali. Uno scandalo. Apprendiamo che le zone postali dei superstiti portalettere di base, immense il più delle volte, vengono maggiormente complicate dalle pressanti richieste aziendali attinenti il modo più profittevole per distribuire la posta. In pratica si impartisce il comando di dare priorità di consegna agli oggetti postali con valore aggiunto: pacchi online, oggetti a firma con consegna veloce, estero ecc. Questo comporta che viene meno la “tradizionale” sicurezza del tragitto, ripetitivo ma quotidianamente certo; costringe il lavoratore a fare il grillo, saltando un po’ di qui o un po’ più in là, con il risultato inevitabile che fette di posta “meno pregiata” non vengono consegnate e rimangono giacenti per lungo tempo nei casellari e sotto di essi, nelle grosse ceste».
«Da quanto detto emerge – conclude la nota – la scarsità di personale, carichi di lavoro crescenti, ed un ruolo “ibrido” svolto che non risponde più al ruolo del portalettere di base ma si eleva a metà strada tra il portalettere pubblico e un “corriere espresso” qualunque. Il tutto al netto di assenze, inconvenienti, malattie, ferie, infortuni, corsi di formazione in e fuori sede, guasti alle auto di servizio, strumentazioni spesso inefficienti e controproducenti. Si dirige a colpi di contestazioni e sanzioni disciplinari, addossando all’ultima ruota del carro, quella “produttiva”, le colpe per la posta non consegnata. Crisi isteriche e di pianto da parte di tanti colleghe/i, anche di una certa età, sono normalità. Ricordiamo che il progetto del passaggio ai giorni alterni ha comportato l’esubero di 15mila operatori in Italia, compensati da settemila assunzioni di figure precarie con contratti rinnovabili ogni 3 mesi. Ci fermiamo qua per ora. Ah, no. C’è una lacuna da colmare nel testo sopra esposto, come noterete manca un invitato d’eccezione nell’esposizione fatta: le Organizzazioni Sindacali nazionali. Ma di questo parleremo la prossima volta».