GROSSETO – Dopo la polemica sollevata dalla lega, in merito all’uso comune di alcuni istituti scolastici da parte degli studenti e dei migranti, abbiamo cercato di capire come funziona questo settore. Abbiamo per questo rivolto alcune domande a Simone Giusti, presidente dell’associazione L’Altra Città, insegnante impegnato da molti anni nell’educazione degli adulti nella nostra provincia, tanto da essere uno dei membri del comitato tecnico per l’Istruzione degli adulti del Miur.
Come funzionano i corsi?
«I corsi di italiano per stranieri sono un servizio pubblico di competenza del Centro provinciale per l’istruzione degli adulti (Cpia) – afferma Giusti -, che è un’istituzione scolastica autonoma, dotata di un suo collegio dei docenti (composto da 25 insegnanti), di personale amministrativo e di collaboratori scolastici addetti specificamente all’istruzione degli adulti. Non entro nel merito del comunicato, espressione di una cultura illiberale che non mi appartiene, ma credo sia opportuno sottolineare che gli amministratori locali, e più in generale la classe politica, in questo momento stanno creando dei problemi a un settore strategico della scuola pubblica italiana: il sistema dell’istruzione degli adulti. Se ne rendono conto?».
Perché dei problemi? Che tipo di problemi?
«Innanzitutto problemi molto pratici, conseguenza del generale disinteresse nei confronti dell’educazione degli adulti, indipendentemente dalla loro cittadinanza. Anzi, i problemi maggiori vengono creati proprio agli adulti italiani, specialmente ai più giovani. Basti pensare al fatto che il Cpia, che ha tra i suoi compiti quello di dare una seconda opportunità ai tanti ragazzi che non riescono a terminare la scuola secondaria di primo e secondo grado, non ha una sede, come invece tutte le altre scuole hanno. Gli stessi corsi serali per il diploma – sui quali il Cpia ha una competenza di coordinamento e di programmazione – vengono svolti in orario pomeridiano o serale, nelle stesse aule occupate dagli studenti che frequentano al mattino. Ciò significa che non è riconosciuta una vera dignità di scuola a questa istituzione, che invece per lo Stato è a tutti gli effetti un’istituzione scolastica autonoma. Di chi è la responsabilità di questa anomalia? Dei comuni e della provincia, che devono occuparsi dell’edilizia scolastica e di fornire ciascuna scuola di una sede appropriata».
Se il Cpia avesse una sede non ci sarebbero i problemi che vengono indicati dalla Lega
«È evidente. Anche se va detto che si tratta di un falso problema, o meglio, di un problema di prospettiva. Chi vive nella paura e nell’ignoranza tende a percepire come un problema la presenza di persone sconosciute, arrivando a attribuire loro la colpa di tutti i mali del mondo (succede così dall’antichità, ed è sufficiente rileggere Manzoni per capire come si inventano gli “untori”). Chi invece vive nella libertà e nella solidarietà tende a vedere come un problema la paura del diverso e la sfiducia nell’istruzione, o più in generale nella cultura. E questo per me è il problema più serio: il clima di sfiducia creato dai politici nei confronti della scuola. Noi insegnanti siamo stanchi di essere usati e di vedere che i politici, indipendentemente dalla loro appartenenza, usano la scuola per i loro interessi elettorali. Le scuole sono un presidio di legalità e di democrazia, baluardi di una società pluralista e liberale. E i Cpia e i corsi serali, in particolare, rappresentano uno straordinario strumento per migliorare la qualità della vita di tutti i cittadini».
Basta questo a migliorare la qualità della vita?
«Per migliorare la qualità della vita non bastano i comunicati stampa. Ci vuole un clima sereno, in cui le persone abbiano il desiderio e la capacità di dare il proprio contributo al miglioramento. La vita migliora, inoltre, se i servizi pubblici funzionano. In provincia di Grosseto ci sono un migliaio di persone richiedenti asilo che risiedono nei CAS e che al momento fruiscono dei corsi di italiano organizzati e gestiti dagli insegnanti del Cpia, dipendenti pubblici che meritano rispetto e ai quali la politica deve fornire tutto il supporto possibile. Un supporto pratico, che si può dare mettendo a disposizione le risorse necessarie a lavorare in condizioni dignitose, e anche un supporto culturale. Perché le parole sono i mattoni della cultura, e continuare a parlare di “disinfezione”, di “traffici illeciti” e di ipotetiche malattie, oltre a essere diffamatorio, perché non supportato da fatti (i corsi a Grosseto non sono neanche iniziati…), è pericoloso. Illiberale e pericoloso».