GROSSETO – Il presidente di Scarlino Energia Moreno Periccioli interviene con una lettera sulle questioni sollevate in questi giorni a livello nazionale sui termovalorizzatori.
Egr. Direttore,
la questione dei termovalorizzatori è tornata in maniera prorompente alla ribalta in questi giorni con lo scontro tra le forze di governo. Non mi permetto di intervenire nel merito della questione Campania e Terra dei fuochi, perché non mi compete, però il tema è direttamente pertinente al ruolo di legittimi portatori di interessi (tra i cosiddetti stakeholder) qui in Toscana della società che presiedo. E’ vero che la gestione dei rifiuti urbani nella nostra regione non è a quella paragonabile e non siamo (ancora) in “emergenza”. Infatti i vari impianti presenti (di smaltimento, di recupero, di selezione, di valorizzazione, ecc.) hanno potuto garantire non solo l’autosufficienza ma addirittura la possibilità di “soccorrere” periodicamente e parzialmente emergenze altrui. Ma tale dotazione impiantistica comincia a presentare il conto, soprattutto in termini anagrafici: le discariche non sono eterne (raggiunti i massimi volumi autorizzati, devono essere “chiuse”) e gli inceneritori devono subire periodici quanto indispensabili “revamping”, per cui spesso si preferisce chiuderli o comunque si devono fermare per diverso tempo. Ma se la quantità degli impianti tende a diminuire la produzione dei rifiuti pro-capite continua a salire, come confermano i dati ARRR, anche e soprattutto dei rifiuti industriali.
Ogni toscano produce mediamente 1,6 kg di rifiuti solidi urbani al giorno. Se si ipotizza un nucleo domestico di almeno 4 persone, mediamente una famiglia toscana produce più di 2 tonnellate all’anno di rifiuti. Stante l’attuale media regionale, sotto al 50% di differenziata, una tonnellata di rifiuti è quindi indifferenziato. Contrariamente a quanto l’opinione pubblica sia indotta a pensare, questa tonnellata di “spazzatura” non viene conferita direttamente in discarica o negli inceneritori. In Toscana da diversi anni, nel pieno rispetto della normativa nazionale vigente, ed in alcuni casi perfino in anticipo, gli indifferenziati vengono prima selezionati e trattati nei TMB (cioè impianti di trattamento meccanico biologico, nell’ATO Toscana Sud ce ne sono 4) dove si separa la frazione secca leggera (ad alto potere calorifico e quindi combustibile) da quella umida/organico. La prima può essere ceduta agli inceneritori/termovalorizzatori per il recupero di energia, la seconda viene stabilizzata e fuoriesce dagli impianti sotto forma di FOS che viene smaltita in discarica.
Questo è il ciclo previsto dalla legge, dalle normative europee e dalla Regione Toscana. Certo è doveroso discutere di come si possa e si debba incrementare la Raccolta Differenziata, ma non facciamo finta di non sapere che da sempre non si riesce a rispettare neppure i progressivi limiti minimi di legge (attualmente al 65% ed i comuni virtuosi in tal senso si contano sulle dita di una mano). Come non si può non sapere che se aumenta la RD aumentano proporzionalmente anche gli scarti della sua lavorazione (che non sono inferiori al 10-15% del totale avviato ad effettivo riciclo). E’ giusto quindi provvedere ad incentivare e promuovere la Raccolta Differenziata anche attraverso sistemi di raccolta e tariffazione puntuale. Ma una parte di rifiuto non riciclabile ci sarà sempre. Per questo bisogna modulare (con la programmazione) i flussi di materia con un’adeguata dotazione impiantistica a livello regionale (e quindi nazionale). Non servono necessariamente un inceneritore o una discarica per provincia ma qualcuno di questi è indispensabile. Non si cada nell’errore di facili sirene stile “rifiuti zero” o importare “modelli Vedelago” come qualcuno per anni ha propagandato, perché sappiamo tutti come è andata a finire (male). Per raggiungere l’obiettivo di “rifiuti zero”, accanto serve una strategia per “mille impianti” come sostenuto recentemente anche dal Presidente di Legambiente Stefano Ciafani.
Secondo le ultime stime disponibili, molto cautelative e fiduciose sull’aumento della RD, la Toscana meridionale nel 2019 avrà non meno di 300.000 tonnellate di rifiuti non riciclabili a cui non saprà (stante la situazione odierna) dare una risposta con i propri impianti. Costruirne di nuovi è molto problematico (per i tempi, i costi e soprattutto per le opposizioni locali), ignorare il problema è da folli e ci condurrà inevitabilmente all’emergenza, con l’esercito sotto casa (come in questi giorni in Campania). La classe politica e amministrativa non possono non sapere che nel 2020 due delle tre discariche di interesse regionale avranno raggiunto i volumi autorizzati e che si dovranno sospendere i conferimenti. Stiamo parlando di altre centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti da smaltire a cui si dovrà trovare una destinazione. In questo frangente il sindaco Nogarin annuncia che chiuderà l’inceneritore di Livorno nel 2022, senza indicare come e dove troverà un’alternativa. Ma mentre la politica si scontra sul da farsi, se almeno noi vogliamo gestire il ciclo dei rifiuti come prevede la gerarchia (riduzione, riuso, riciclo, recupero energetico, smaltimento), il termovalorizzatore di Scarlino non deve entrare in funzione il prima possibile per “risolvere l’emergenza Campania” ma per “evitare l’emergenza Toscana”.
Moreno Periccioli
Presidente di Scarlino Energia spa.