SCARLINO – Renzo Fedi, una delle persone che ha aderito alla class action contro l’inceneritore di Scarlino, interviene in risposta alle dichiarazioni contenute nella nota della società Scarlino Energia.
«Scarlino Energia – scrive Fedi – cita i due pareri espressi dal professor Rinaldi e dal professor Onofrio che sono già stati smentiti nella terza ed ultima relazione del CNR depositata agli atti di causa, la quale è stata redatta non solo sulla base dei dati di progetto e di processo (come le due precedenti relazioni), ma questa volta anche sulla base di tutti gli effettivi dati di esercizio forniti dalla stessa Scarlino Energia ed allegati alla relazione del Direttore Tecnico Ing. Michele Stretti».
«Per quanto riguarda l’applicazione della norma UNI 9496/91 citata dal professor Onofrio a sostegno della tesi di Scarlino Energia, il CNR ha sottolineato che tale norma trova il campo di applicazione “negli impianti per rifiuti con forni dotati di camera di post combustione” e quindi non può applicarsi nel caso de quo, in quanto la camera di post-combustione non è presente nell’impianto di Scarlino Energia. Inoltre il CNR ha dimostrato che le camere di combustione dell’inceneritore così come progettate e costruite hanno una geometria che non consente di poter lavorare in condizioni assimilabili a quelle di flusso a pistone (gas prodotti e portati in modo controllato ed omogeneo e nelle condizioni PIU’ SFAVOREVOLI ad una temperatura di almeno 850 C° per almeno 2 “), condizione, questa, imprescindibile per il funzionamento a norma di legge di tutti gli impianti di incenerimento rifiuti, senza che vi sia bisogno di alcuna verifica sperimentale in quanto dati relativi alla conformità del progetto alle norme di legge. pretendere di sperimentare il funzionamento dell’impianto il cui progetto non è a norma di legge, sarebbe come voler circolare con un auto a gasolio altamente inquinante e non omologata e pretendere di verificare se inquina o meno».
«Ma c’è di più. Scarlino Energia nel comunicato afferma che i CTU del Procedimento civile dalla cosidetta Class Action hanno proposto la riattivazione dell’impianto a regime ridotto. Anche questo non corrisponde assolutamente a verità. I CTU, in un’ottica di accordo conciliativo, che dovevano tentare per legge, proposero di accordarsi in una simile eventualità, ma solo a titolo conciliativo e non quale loro analisi tecnica. Scarlino Energia ribadì dicendo che la base di ripartenza poteva iniziare con un regime ridotto del 20% del totale autorizzato per poi salire a pieno regime. Gli attori, tra cui il sottoscritto, invece proposero un accordo “secco” in base alle valutazioni espresse dal CNR di Napoli, che prevedeva che l’impianto avrebbe potuto (forse) funzionare con una riduzione pari al 50% e solo dopo aver apportarto molte modifiche sostanziali impiantistiche e molto costose (almeno lo spostamento dell’uscita fumi sul cappello e il raddoppio dell’altezza della zona di postcombustione). Scarlino Energia non accettò la proposta, da cui il fallimento della proposta conciliativa di cui sopra . Quindi non è possibile dire, come ha fatto Scarlino Energia pro domo sua “asserire che anche i CTU erano d’accordo”. I cittadini devono sapere la verità e non fermarsi alle dichiarazioni rese alla stampa da Scarlino Energia».