La prossima riapertura della vecchia sede della biblioteca Chelliana in via Mazzini a Grosseto è una buona notizia per tutta la città, ma anche per il resto della provincia. Non tanto perché l’importante istituzione culturale torna alla sua sede storica, ma per il fatto che finalmente si arriva a un punto fermo, mettendo fine a una situazione provvisoria che si protraeva da 24 anni, con la Chelliana in attesa di collocazione definitiva.
Col senno di poi, è stato un errore madornale aver trasferito “provvisoriamente” la Chelliana senza esser riusciti nell’arco dei successivi cinque lustri a darle una nuova sede in un’altra zona della città, in un edificio moderno e funzionale che ospitasse i 120.000 testi del fondo librario. Ma che soprattutto consentisse alla città di avere un luogo attrezzato per la produzione culturale contemporanea, in grado di accogliere convegni, promuovere l’associazionismo, incubare progetti di lungo respiro e stimolare la creatività. Le biblioteche moderne infatti non sono più da tempo un semplice “deposito di libri”, ma veri e propri opifici della cultura che filiano idee, alimentando confronto e meticciato culturale. Conservare e testimoniare il passato, d’altronde, è una visione riduttiva del ruolo di una biblioteca.
Le responsabilità del fallimento del quarto di secolo in cui la Chelliana è vissuta nel limbo sono bipartisan, e le vicissitudini che nel frattempo ha attraversato rappresentano il paradigma delle inefficienze conclamate del nostro sistema politico e amministrativo. Trasferita nel 1995 dall’amministrazione di centrosinistra guidata dal sindaco Valentini, la Chelliana è rimasta in sospeso nei dieci anni successivi con l’amministrazione Antichi (centrodestra) e per buona parte dei due mandati di quella Bonifazi (centrosinistra). Nella seconda parte dell’ultimo mandato Bonifazi, preso atto dell’impossibilità di reperire le risorse per una nuova sede e valutando che la biblioteca dovesse tornare nel centro storico, fu deciso di iniziare la ristrutturazione del vecchio edificio vescovile di via Mazzini procedendo per stralci funzionali. Ora l’amministrazione Vivarelli Colonna è riuscita a rendere agibile una parte della vecchia sede, dove si sta per iniziare il trasferimento del patrimonio librario, in attesa di completare l’ultimo stralcio dei lavori per poter finalmente riutilizzare l’edificio nel suo complesso.
Guardando le cose in positivo, considerato il decadimento evidente del centro storico, il ripristino della situazione quo ante in via Mazzini può contribuire in qualche misura a rivitalizzare la zona circoscritta nell’esagono delle Mura medicee.
Tuttavia un edificio recuperato non fa primavera. Al di là dei servizi bibliotecari tradizionali erogati dalla Chelliana, quindi, sarebbe auspicabile che in città si cominciasse a discutere di come utilizzare al meglio i nuovi spazi che a ristrutturazione completata torneranno fruibili. Spazi che non sono enormi e sui quali – al netto dei depositi e delle sale di lettura – conviene confrontarsi per tempo. Ad esempio ascoltando in un percorso partecipato i punti di vista di chi in città si occupa di produzione e promozione culturale. Così da partire col piede giusto e valorizzare al meglio un’istituzione cittadina come la Chelliana che grazie alla lungimiranza del canonico Chelli ha iniziato a operare nel lontano 1860. La resuscitata biblioteca Chelliana, inoltre, dovrà essere inserita armoniosamente in un contesto di relazioni con le altre quattro istituzioni culturali che già sono insediate nel centro cittadino: Museo archeologico, Fondazione Grosseto Cultura-Clarisse Arte, Museo di storia naturale e Polo universitario.
Visto che sognare a occhi aperti non costa nulla, in una prospettiva a medio termine bisognerebbe anche pensare a un piccolo distretto della produzione culturale insediato nel centro storico e a programmare l’acquisizione di nuovi spazi, avendo cura di tenere nel debito conto logistica e sostenibilità economica dei progetti. Magari costruendo un sistema coerente con il progetto di valorizzazione delle Mura medicee e del Cassero senese, invero ancora piuttosto nebuloso.
A dispetto di quel che pensano i numerosi alfieri del consumismo spicciolo e senza qualità, con la cultura – otre a emancipare le persone – si mangia anche benino. Solo che si abbia la capacità di coniugare la mano pubblica con l’iniziativa privata.
In definitiva, il ritorno “a casa” della biblioteca Chelliana è un pretesto e un’occasione per ripensare un pezzo dell’identità cittadina e contribuire a recuperare il centro storico. Le cose si possono fare in tanti modi: bene o male, osando o in un’ottica conservativa.
Le amministrazioni passano, le istituzioni rimangono. Speriamo che la politica sappia fare la propria parte, ma ancora più importante sarebbe che la spesso sopravvalutata società civile dimostrasse vitalità e autonomia progettuale. Chi vivrà vedrà.