GAVORRANO – Lunghi applausi per il sostituto procuratore della Dda di Napoli Catello Maresca a termine del convegno “La marcia della Mafia, le infiltrazioni dei Casalesi in Toscana”, ieri sera agli ex-Bagnetti di Gavorrano, durante il quale è stato presentato il suo ultimo libro “Senso di Marcia”, scritto insieme al giornalista Leandro del Gaudio. «Non credevo di essere accolto così calorosamente – ha detto il magistrato-. Proprio la scorsa settimana avevo partecipato a un incontro simile in Sicilia e c’erano poco più di dieci persone».
E’ stata una sala gremita, quella del centro congressi di Gavorrano, per ascoltare la testimonianza e l’esperienza di Catello Maresca, titolare di centinaia d’inchieste e ormai simbolo per la lotta alle mafie. Maresca ha, infatti, portato a termine degli arresti importanti tra cui quello di Giuseppe Setola e del suo gruppo di Fuoco e, quello più celebre, del boss Michele Zagaria nel 2011, latitante e ricercato da quasi sedici anni.
Nonostante tanti successi investigativi con altrettanto riscontro mediatico, Catello Maresca si presenta al suo pubblico come «un uomo normale che fa solo il suo lavoro, un padre di famiglia, un semplice funzionario dello Stato», ma nella vita di tutti i giorni è un uomo sotto scorta da anni.
Le infiltrazioni mafiose in Toscana, o nello specifico nella nostra provincia, sono reali? La risposta del magistrato è affermativa e recenti studi, così come le cronache locali, ce lo confermano. «Dieci anni fa –racconta Maresca-, chi come noi cominciava a parlare di infiltrazioni in Lombardia, Veneto o Emilia Romagna era deriso. In seguito, invece, le infiltrazioni mafiose si sono confermate. I Casalesi stanno dietro angolo sempre, lo dico da anni».
«La mafia moderna –spiega ancora- non vuole sparare, è intelligente. La mafia è un atteggiamento mentale. I mafiosi di terza generazione diventano imprenditori, ed è proprio in questo che sta la loro pericolosità e forza. I loro figli studiano, vanno all’università. Quello che chiede il pizzo è un morto di fame, non un mafioso. La mafia non è più quella».
Il punto di partenza per combattere questo fenomeno sta proprio nell’educazione delle generazioni più giovani. «Bisogna creare una conoscenza, una coscienza critica e sensibilizzare sempre» è la convinzione di Maresca che nella giornata di ieri ha incontrato anche gli studenti dell’istituto comprensivo.
La sensibilizzazione sull’argomento, a livello locale, è la strada che intende percorrere anche il sindaco Andrea Biondi che, durante il suo intervento ha ricordato l’episodio del lontano 1991, quando ci fu una vera e propria esecuzione nella piazza di Gavorrano. Un episodio «che mi tolse la giovinezza» –ha commentato.
«Al pericolo costante dell’infiltrazione mafiosa nei nostri territori dobbiamo reagire con altrettanta attenzione costante –ha detto Biondi-. L’amministrazione comunale di Gavorrano –ha annunciato a termine dell’incontro-, per mantenere nel tempo il livello di attenzione alta si propone che l’iniziativa di oggi sia l’inizio di un percorso a favore della legalità. Per questo motivo abbiamo aderito alla rete “Avviso Pubblico” per l’educazione contro le mafie e la prossima mossa sarà istituzione del premio annuale “Gavorrano per la legalità”».
I primi premiati con questo riconoscimento, una targa ricordo 2018, sono stati lo stesso magistrato Catello Maresca, la dirigente dell’istituto comprensivo Bianca Assunta Astorino e il sindaco di Follonica Andrea Benini, in segno di vicinanza, essendo il primo comune della Toscana a istituirsi parte civile in un processo antimafia.
Il primo cittadino di Follonica Andrea Benini ha, infatti, ribadito, che «La presa di coscienza è necessaria» e che il punto di partenza è «raccontare senza aver paura».
«Essersi costituiti parte civile –ha aggiunto-, credo sia stato un atto dovuto nei confronti della comunità».
All’iniziativa hanno partecipato anche numerose rappresentanze dei comuni della provincia di Grosseto, tra cui i sindaci di Scarlino e Roccastrada, Marcello Stella e Francesco Limatola, il prefetto di Grosseto Cinzia Torraco e le rappresentanze provinciali delle forze dell’ordine (foto Giorgio Paggetti).