GROSSETO – Come per un video game, al momento in cui lo spegni la realtà riprende il sopravvento sul mondo virtuale. Allo stesso modo, è solo questione di tempo, sulla propaganda dell’invasione dei migranti s’imporrà presto, molto presto, la realtà dell’integrazione. Se non altro per oggettivi motivi economici. Oltre ogni razzismo.
Succederà anche a Grosseto, provincia meridionale della Toscana dove, fra l’altro, la fantomatica invasione dei richiedenti asilo ha numeri decisamente gestibili (meno di 800 persone). Visto che attualmente sono circa 8.000 in Toscana i richiedenti asilo titolari di protezione internazionale, a fronte degli 11.600 che al 31 marzo scorso erano ospiti negli 810 Centri di accoglienza speciali e o dei 22 progetti Sprar (sistema di protezione dei richiedenti asilo e rifugiati).
La spia di come andrà davvero a finire sta in una dichiarazione, ovviamente passata inosservata. «Il pugno duro sull’immigrazione va corretto. È forza lavoro per il Paese, serve integrazione», ha dichiarato fra le altre cose venerdì scorso il presidente di Confindustria Firenze, Luigi Salvadori alla giornalista della Repubblica Firenze, Maria Cristina Carratù. E non è per il vezzo di un industriale, ma perché – anche volendo prescindere da considerazioni morali o etiche – l’Italia e l’intero mondo avanzato hanno bisogno come il pane di giovani per rinsanguare una popolazione sempre più vecchia e sempre meno disposta a fare figli. Non solo per le difficoltà economiche, ma come esito naturale di un cambiamento profondo negli stili di vita delle persone. Volenti o nolenti. E a dispetto della interessata visione circoscritta al proprio cortile di casa del nostro ministro (buzzurro) dell’interno. Che con malevola “raffinatezza” argomentativa ha sostenuto che «non abbiamo l’esigenza di avere nuovi schiavi per soppiantare i figli che non facciamo più».
Per capire quel che sta succedendo qui da noi, torna utile un’agenzia stampa dell’Ansa di sabato 14 settembre, che riporta una notizia data dal ministero della salute di Tokio: attualmente in Giappone ci sono 70.000 centenari e ultracentenari, l’88% dei quali donne. Fra dieci anni si prevede che in quel Paese – oggi con un’aspettativa media di vita di 84,5 anni – gli ultracentenari saranno 170.000. Ragionando in termini economici e forzando un po’ la mano: almeno 170.000 posti di lavoro equivalenti.
Ora si dà il caso che Giappone, Italia e Germania siano i Paesi più “vecchi” al mondo, e che la Toscana sia alle spalle della Liguria la Regione più vecchia d’Italia. E che a sua volta la provincia di Grosseto sia la più vecchia della Toscana. Il razzismo di Salvini e dei suoi sodali, che ha una matrice culturale che affonda le radici nell’ignoranza e nel pregiudizio, non potrà nulla di fronte a tutto questo. Perché, inevitabilmente, ogni sovranismo che può apparire rassicurante sul momento sarà travolto dalla storia e dalla domanda dell’economia, che è conseguenza dei nostri bisogni.
Invece d’inseguire distopici e lugubri progetti di ripopolamento autarchico dell’Italia, e dell’Europa, basati su una riedizione edulcorata delle teorie di Mengele sulla superiorità della “razza”, quindi la priorità che tutti abbiamo è quella di operare per un’integrazione reale di chi è arrivato, sta arrivando e arriverà nelle nostre lande. Anche perché, che piaccia o meno, il buco demografico fra la generazione dei baby boomers (anni ’60) e quella dei millennials (anni 2000) richiederà molti anni per essere riassorbito.
A Grosseto quale è la situazione reale? Il dato oggettivo è che l’integrazione c’è ma andrebbe implementata e favorita con politiche mirate. Che solo qua e là – la scuola soprattutto, per fortuna, e CoeSo-Società della salute – vengono programmate in modo adeguato con un po’ di lungimiranza.
Ancora una volta conviene partire dai “vecchi”. Secondo un’analisi di Simurg Ricerche badanti e colf iscritti all’Inps in provincia di Grosseto erano lo scorso anno 2.876, il 79% dei quali stranieri. Considerato che una stima prudenziale dell’Irs (Istituto ricerca sociale) ritiene che gli irregolari siano almeno un terzo dei lavoratori regolari, ma ufficiosamente si dice che siano altrettanti, arriviamo comodamente a più di 4.000 persone impiegate nell’assistenza a anziani non autosufficienti e disabili, l’80% dei quali straniere. Cioè a dire un piccolo comparto economico che garantisce le famiglie grossetane e sgrava il sistema pubblico di un onere per l’assistenza che non sarebbe in grado di sostenere. Questo, ovviamente, a prescindere da un giudizio di merito sull’equità e l’efficacia della modalità di assistenza.
A questo proposito, un ultimo dato: Simurg ha calcolato che a fronte dell’attuale “indice di pressione sui care-givers”, che in provincia di Grosseto ha un valore di 11,4 punti (rapporto tra ultra 85enni per adulti 50-74 anni), con un’immigrazione ridotta del 50% e un tasso di fecondità del 30%, entro il 2040 l’indice crescerà a 14. A tassi d’immigrazione costanti rispetto agli attuali, arriverà a un valore di 15. Se non avessimo immigrazione arriverebbe a 17 punti.
Prendendo in esame i dati della Camera di commercio, invece, si scopre che nel 2017 le imprese maremmane attive con un titolare straniero erano 2.256, corrispondono all’8% del totale: circa 29.000 aziende, metà delle quali agricole. Imprese che presumibilmente sono concentrate nei settori commerciale, edile e agricolo. Ma non esclusivamente.
Infine uno sguardo a volo d’uccello alla demografia, che la dice lunga rispetto a una provincia che alla fine dello scorso anno aveva 221 over 65 ogni 100 under 14, con il più alto indice di vecchiaia regionale. Ebbene a fronte di 222.175 persone residenti in provincia nel 2017, quelle con cittadinanza italiana erano 199.262 del 2017 (-3.614 persone sul 2011), mentre gli stranieri residenti in Maremma erano 22.913 (+5.565 persone).
Che l’integrazione stia andando avanti per la propria strada, ignorando allegramente di xenofobi e razzisti, d’altra parte, lo testimonia un altro dato interessante, sempre elaborato da Simurg Ricerche. Dal 2009 – anno di deflagrazione della crisi economica – al 2016 sono calate le richieste di permesso di soggiorno per motivi di lavoro, e parallelamente sono aumentate quelle per i ricongiungimenti familiari e per motivi umanitari. Il che, come dimostrano i quasi 3.000 bambini (1.200 di seconda generazione), adolescenti e ragazzi, iscritti lo scorso anno alle nostre scuole – dalle materne alle superiori – sta a significare che sono molti gli stranieri maremmani che qui vogliono costruirsi il proprio futuro. E ai quali alla fine dobbiamo essere grati per questa scelta.
Allargando lo sguardo alla Toscana, poi, secondo il report della Regione nel 2017 gli stranieri residenti in Toscana – tutti, non solo gli extracomunitari – erano 400.370, quasi l’11% della popolazione regionale (la media italiana è dell’8,3%). Cioè a dire: siamo già dentro l’era della convivenza multietnica e multiculturale, e non c’è alcun allarme.
Concludendo, quindi. Come direbbe il ministro dell’interno lussemburghese che ha ricordato a Salvini quanti immigrati italiani hanno vissuto in Lussemburgo: «merde, alors!». Che tradotto significa più o meno: echecazzo!