GROSSETO – “L’ennesimo attacco alle greggi da parte di predatori anche in aree non prettamente vocate alla loro presenza, pone un grosso interrogativo sulla coesistenza tra chi produce e alleva e i predatori stessi.” Attilio Tocchi, presidente di Confagricoltura Grosseto prende come spunto quanto accaduto ad Angela Saba, responsabile regionale della sezione ovina di Confagricoltura, per tornare a parlare di un problema, rispetto al quale ritiene improcrastinabili chiare e inequivocabili azioni di controllo e contromisure.
“Ciò che sconvolge – prosegue Tocchi – oltre alla ripetitività con cui gli attacchi si manifestano è soprattutto il luogo ove essi sono avvenuti, a sei chilometri dal mare, tra due arterie stradali e in zone largamente antropizzate. L’attenzione che merita questo episodio, a prescindere da chi lo ha subito, non ci deve esimere dal denunciare una situazione ormai intollerabile alla quale chi svolge questa attività di presidio del territorio e di grande valore economico è da troppo tempo soggetto. Le indennità non servono a nulla, perché chi ha deciso di lavorare in questo settore deve essere libero di produrre. Con i rimborsi non si fa reddito. Sono solo un palliativo, una scusa, per giustificare la negligenza e l’approssimazione con cui viene affrontato il problema della predazione.”
“A prescindere dal danno diretto che mi ha visto coinvolta come allevatrice – commenta Angela Saba – è quello indotto che mi preoccupa di più, visto che molte delle mie pecore sono gravide a rischio aborto. Un recinto e due cani da guardiania non sono state misure sufficienti per evitare, a distanza di sette anni, una serie di attacchi.” Attacchi che quotidianamente avvengono in ogni angolo della Toscana e dell’Italia.
Secondo Confagricoltura Grosseto la situazione è ormai fuori controllo e non si può continuare a far finta che tutto questo sia normale. “Gli allevatori – continua la responsabile regionale del settore Ovino di Confagricoltura – vogliono fare il proprio lavoro e non allevare cani o chiudersi dentro a un bunker insieme alle loro greggi. I governi cambiano e i politici si succedono ma il problema resta, senza che nessuno se ne voglia fare carico. Basta con gli studi. Basta buttare soldi su di essi. Gli allevatori reclamano risposte serie; catturare i predatori o dire chiaramente alle aziende allevatoriali di chiudere. Sappiamo che in altri paesi come la Svizzera, è stata avanzata una proposta per declassare il lupo da altamente protetto a protetto, così da permettere agli stati membri dell’Unione un margine di manovra più ampio nella sua gestione sostenibile».
«Lupi e predatori – conclude Saba – non possono coesistere con la presenza delle greggi e gli allevatori non si possono rinchiudere in un bunker ma hanno il sacrosanto diritto, per il benessere dei propri animali, di esercitare la loro professione in libertà.”