AMIATA – Sei persone, una centrale operativa e telefonica nel cuore di Napoli, trasfertisti che si appostavano nelle vie di paesini di provincia per bussare a casa di anziani, truffarli e raggirarli. I carabinieri del nucleo investigativo di Grosseto hanno sgominata una banda di criminali che truffava gli anziani. La truffa era la più nota, “Suo figlio ha fatto un incidente, non ha l’assicurazione, si deve pagare una cauzione per sistemare tutto” e i poveri anziani, spesso soli in casa, consegnavano denaro e gioielli all’incaricato che bussava alla porta.
Sono innumerevoli le persone che sono state truffate in questo modo. Spesso è difficile risalire ai truffatori, che si dileguando dopo il colpo. Ma la prontezza dei carabinieri di Castel del Piano ha fornito un filo da cui partire.
Dopo una serie di segnalazioni di cittadini di Castel del Piano i militari si sono messi a controllare le vie del paese, trovando un uomo di Napoli, pregiudicato, e con un’auto a nolo. Da qui sono partite le indagini.
I colpi venivano preparati il giorno prima. La mattina il trasfertista partiva e si appostava in una via di un paese di provincia (in questo caso Santa Fiora, Castel del Piano e Castell’Azzara) poi chiamava la centrale telefonica che sceglieva alcune utenze telefoniche in zona, meglio se di donne, spesso vedove sole. Un sedicente maresciallo chiamava la vittima e la convinceva a consegnare tra i 5 e gli 8 mila euro. Se i soldi non erano abbastanza aggiungevano oro e preziosi che venivano “smaltiti” in un compro oro amico (a questo LINK le immagini di alcuni degli oggetti sequestrati al compro oro. Chi li dovesse riconoscere può rivolgersi ai Carabinieri). Le indagini sono partite a marzo 2017 e sono andate avanti per diversi mesi. Una delle cose più difficili è stata portare avanti le intercettazioni telefoniche: i malviventi utilizzavano infatti batterie di schede telefoniche: le schede tre o quattro, venivano usate per due e otre giorni e poi gettate. I carabinieri sono risaliti al fatto che quei numeri erano stati venduti assieme ad altri 50, tutti successivi, e quindi, una volta disattivati i primi sono riusciti a spostare le intercettazioni sugli altri.
«Le indagini, in pochi mesi, hanno documentato ben 23 episodi di truffe o estorsioni, tentate o consumate, in comuni delle province di Grosseto, Firenze, Arezzo, Roma, Frosinone, Viterbo, Rieti, L’Aquila e Napoli». Afferma il procuratore Raffaella Capasso. Di questi sei sono avvenuti in provincia di Grosseto.
«Questi reati si fondano sulla necessaria collaborazione delle vittime, spesso sono loro, spaventate, che forniscono ai malviventi il nome del congiunto che sarebbe finito nei guai – afferma il comandante dei carabinieri Carlo Bellotti -. Contano sull’effetto stordente di un annuncio di qualcosa di negativo avvenuto ad una persona cara. Vogliamo chiarire che le forze dell’ordine non chiedono mai denaro in contanti, tantomeno oro».
Spesso gli stessi malviventi invitavano le vittime a verificare al 112 quanto comunicato da loro. Le vittime attaccavano ma dal telefono fosso, se non attacca prima chi ha chiamato, la linea resta aperta. Le vittime erano quindi convinte di fare il 112 ma in realtà si trovavano di nuovo al telefono con i truffatori che confermavano la brutta notizia. Il consiglio è dunque ad accertarsi che la linea sia libera, o chiamare da un altro telefono, magari un cellulare.
Quando i carabinieri hanno fatto irruzione nel covo sorprendendo i malviventi in flagranza «alcuni hanno tentato la fuga, mentre un altro ha distrutto un tablet – afferma il comandante del nucleo investigativo Giovanni – siamo comunque riusciti a recuperare i dati all’interno comprese le pagine web utilizzate: spesso le pagine bianche. L’intervento nel compro oro, gestito da zia e nipote, ha invece permesso di appurare la provenienza illecita dei gioielli. Nei libri contabili risultava infatti che questo oro era stato portato da persone che erano invece ignare di tutto».
Il timore è che non tutti abbiamo denunciato, forse per vergogna o anche per timore. «Per questo abbiamo deciso di divulgare le foto di queste tre persone, che erano i trasfertisti, quelli che andavano a casa degli anziani: riteniamo – afferma il procuratore – che ci sia un interesse superiore della popolazione a conoscerli, così da stare in guardia in caso se li trovino davanti, ma anche a vederli ed, eventualmente, riconoscerli e fare denuncia se ne sono stati vittime».