GROSSETO – «Il problema della chiusura del ciclo dei rifiuti è oggetto di discussione da molti anni e se, da una parte, l’avanzare della tecnologia del riciclo, unita ad un aumento considerevole della raccolta differenziata, ha cercato di dare soluzione al problema, dall’altra si è trasformata nella volontà di prendere posizione a favore o contro l’incenerimento» a intervenire nel dibattito sull’impianto di Scarlino è il segretario territoriale del Partito Democratico, Gesuè Ariganello.
«Nel caso specifico dell’inceneritore di Scarlino – dice il segretario – si sono aggiunte, poi, le problematiche connesse al mantenimento dei posti di lavoro dei dipendenti di Scarlino Energia. Mai che si sia preso in mano il problema sulla vera utilità in un territorio di un impianto di incenerimento».
«Il problema invece – prosegue Ariganello – è proprio questo: una programmazione di chiusura del ciclo deve obbligatoriamente prendere in considerazione le necessità e gli impianti già esistenti, alla luce del forte aumento della raccolta differenziata e, quindi, del possibile riciclo. Ciò implica uno sguardo più ampio della sola provincia di Grosseto. Gli impianti già esistenti sono più che sufficienti a risolvere il problema e a testimonianza di ciò sappiamo che l’incenerimento è in crisi in tutta Europa».
«Non a caso – sottolinea il segretario – l’impianto di Scarlino Energia non è mai stato inserito nel Piano Interprovinciale dei Rifiuti e, non a caso, l’impegno di aumentare fortemente la raccolta differenziata, come imposto dalle Direttive Europee si dirige verso il superamento dell’incenerimento. Sussiste, inoltre, il problema dell’inceneritore in oggetto su cui abbiamo discusso approfonditamente e da molto tempo: le criticità dell’impianto sono venute alla luce da tempo, tanto da considerare quest’ultimo una severa aggravante della situazione ambientale, già critica nella piana di Scarlino».
«Se vogliamo guardare avanti e smettere di rivolgerci a tecnologie superate e a impianti che non servono – conclude Ariganello – dobbiamo pensare a uno sviluppo dell’area industriale del Casone che vada verso una diversificazione e integrazione delle attività industriali e che, mantenendo i livelli occupazionali, tenga conto della dignità del lavoro e dei lavoratori che per dare il meglio non dovrebbero essere costretti a sottostare a compromessi così importanti».