GROSSETO – Parte anche in Toscana “Sos caporalato”, la campagna contro lo sfruttamento dei lavoratori nel settore agroalimentare, lanciata a livello nazionale dalla Fai-Cisl. L’obiettivo è quello di raccogliere, tramite numero verde (800-199-100) e social, le denunce di quanti lavorano in condizioni di sfruttamento e illegalità nell’agroalimentare. Le segnalazioni serviranno per un monitoraggio sull’evoluzione del fenomeno e consentiranno anche di dare voce a tante lavoratrici e tanti lavoratori vittime di caporalato.
Il numero verde non è casuale: 199 è il numero della legge contro il caporalato, entrata in vigore due anni fa, ma ancora poco conosciuta. Farla conoscere di più alle persone coinvolte è proprio uno degli obiettivi della campagna.
“Eravamo abituati a pensare che certe cose in Toscana non accadessero – dice il segretario provinciale Fai, Antonella Biondi – e invece oggi non è più così: il caporalato c’è anche nella nostra regione e nella nostra provincia e riguarda, per lo più lavoratori, stranieri comunitari e non. Avevamo già denunciato questo pericolo nel convegno che si è tenuto Grosseto nel gennaio del 2016 e negli ultimi anni lo hanno dimostrato numerose operazioni delle forze dell’ordine, compiute in varie parti della nostra regione, e molto inchieste giornalistiche”.
Biondi poi boccia l’ipotesi di reintrodurre i voucher in agricoltura, caldeggiata da alcuni esponenti del governo. “Un eventuale ritorno al voucher nel settore agricolo – afferma il segretario Fai Grosseto – sarebbe inutile e dannoso. Inutile, perché nel settore esistono già gli strumenti in grado di garantire estrema flessibilità, con tipologie contrattuali che possono assicurare alle imprese anche lavoro a giornata. Dannoso, perché il voucher non assicura al lavoratore le necessarie garanzie previdenziali e assistenziali. I voucher non garantiscono, infatti, le minime prestazioni a sostegno del reddito come la disoccupazione agricola, la maternità, gli assegni familiari, l’infortunio e la malattia. Di fatto sono dei veri caporali di carta. L’agricoltura ha bisogno di guardare avanti! Non di tornare indietro di un anno.”
Il caporalato in Italia. Sono centinaia di migliaia in Italia le lavoratrici e i lavoratori che trovano un impiego tramite i caporali, e uno su quattro vive forme di grave assoggettamento dovuto a condizioni abitative e ambientali paraschiavistiche. Il 60% di chi è costretto a lavorare sotto caporale, la maggior parte stranieri, non ha accesso ai servizi igienici e all’acqua corrente. Più del 70% presenta malattie non riscontrate prima dell’inserimento nel ciclo del lavoro agricolo stagionale. E poi ci sono i danni economici: in termini di mancanto gettito contributivo il caporalato ci costa più di 600 milioni di euro l’anno. Il peso dell’illegalità e dell’infiltrazione mafiosa nell’intero settore è stimato in circa 12,5 miliardi. I lavoratori impiegati dai caporali percepiscono un salario giornaliero inferiore di circa il 50% di quello previsto dai contratti di lavoro (25-30 euro per giornate di lavoro anche di 12 ore) e senza alcuna tutela previdenziale o infortunistica.