GROSSETO – «Questo territorio deve darsi una scossa, subito, perché non c’è più tempo da perdere. E deve darsela a partire proprio dal settore nel quale è storicamente più carente come il manifatturiero. La Toscana che sta uscendo definitivamente dalla crisi con ritmi simili a quelli dei Land tedeschi più dinamici, non a caso, è quella dove manifattura ed export hanno un ruolo centrale» a parlare è il segretario della Cgil di Grosseto, Claudio Renzetti, che definisce la Maremma la patria dei lavoretti, mentre nel territorio, ci sarebbe bisogno, secondo il sindacato, di un impulso al manifatturiero e allo sviluppo dei settori di vocazione, eventualità impossibili senza il sostegno del pubblico.
«Nell’ottobre 2017, anche per contrastare l’ennesima narrazione basata più sugli auspici che sui dati reali – dice Renzetti – avevamo messo in evidenza che la provincia di Grosseto aveva perso 10.000 Ula (unità di lavoro equivalenti) rispetto al 2008, e che non vedevamo segnali sostanziali d’inversione del trend di marginalizzazione del territorio. Già all’epoca chiedemmo di ripercorrere la strada dei Patti territoriali: investimenti pubblici per attrarre quelli privati, per avere lavoro buono e contrattualizzato. Naturalmente in armonia con le altre vocazioni produttive come turismo e agricoltura, che diversamente da quel che viene detto non verrebbero minacciate. Oggi, anche se in ordine sparso, tutte le componenti economiche, politiche e sociali, stanno arrivando alle stesse nostre conclusioni, e quindi è arrivato il momento di fare fronte comune e prendere decisioni operative».
«Per la Cgil, pertanto – chiarisce il segretario generale – bisogna partire dal manifatturiero non tanto perché sia l’anello più debole della catena nella produzione di valore, ma perché è quello rispetto al quale c’è meno attenzione, più ostilità. E perché potrebbe dare in tempi brevi una significativa risposta occupazionale. La prima cosa da fare, quindi, è accelerare il completamento delle infrastrutture viarie e logistiche, dando un taglio a comportamenti che favoriscono la dilazione com’è avvenuto per il corridoio tirrenico. Avanti tutta, quindi, su corridoio tirrenico, Due mari, Cipressino, strade provinciali e riqualificazione dei trasporti merci e passeggeri su rotaia.
Allo steso tempo, e in questo un ruolo determinante possono averlo Regione, Provincia e Enti locali, bisogna lavorare sull’attrazione di investimenti, rendendo conveniente investire in Maremma attraverso sgravi fiscali e incentivi di varia natura. Come d’altra parte è già stato fatto in molti altri territori della Toscana e d’Italia.
Nel settore manifatturiero la Maremma deve coltivare di più e meglio la vocazione del comparto agroindustriale, che ha già un alleato nel Laboratorio tecnologico di Santa Rita ma che ancora aspetta quello per la qualità delle produzioni agroalimentari che deve essere realizzato a Rispescia».
«La Cgil è pronta a far parte della cabina di regia che ha auspicato la Camera di commercio – sottolinea Renzetti – ma a patto che non si perda più tempo in preamboli e distinguo. E soprattutto a patto che si rifiuti la logica preconcetta dei No a qualunque investimento di natura industriale in nome di un non meglio specificato ambientalismo. La Cgil ha una coerenza di lungo periodo sulle battaglie per coniugare sicurezza sul lavoro, salute, tutela ambientale e sviluppo economico. Su questo non prendiamo lezioni da nessuno, e proprio per questo diciamo che l’area industriale del Casone è un presidio produttivo e occupazionale da proteggere e ampliare, magari dotandolo anche del terminal logistico di cui si parla da anni. Così come bisogna fare di tutto per favorire il decollo di altre aree produttive in provincia, a partire da quella del Madonnino urbanizzata per rispondere ai bisogni dell’agroalimentare».
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«A questo proposito – conclude il segretario generale – per la Cgil è evidente che solo la parte pubblica può essere garante imparziale dei controlli ambientali, del rispetto di legalità, imparzialità e buona amministrazione. Perché in questi anni abbiamo visto troppe volte che dietro all’enfasi di certi tutori dell’ambiente c’erano grandi interessi economici. Troppo spesso il dibattito sul futuro di questo territorio è condizionato dalla prevalenza del punto di vista dei facoltosi pensionati che lo colonizzano o dai dipendenti pubblici, con la conseguente marginalizzazione del mondo del lavoro dipendente che fa riferimento all’impresa e alla manifattura».