Sul futuro dell’immigrazione le parole più sagge, concrete e lungimiranti le ha pronunciate Emilio Del Bono, sindaco piddino di Brescia che il 10 giugno ha incredibilmente vinto al primo turno alla guida di una coalizione di centrosinistra. In una città di 197.000 abitanti con 37.000 residenti stranieri.
Rispondendo a una domanda di Vittorio Zucconi in diretta al TG Zero su Radio Capital, lo scorso 21 giugno, Del Bono ha semplicemente detto: «Brescia è una città che conosce il tema dell’immigrazione sin dall’inizio degli anni ’90. Oggi siamo alla seconda generazione ed esiste anche una prima borghesia figlia dell’immigrazione; con i primi laureati, professionisti come medici e ingegneri. Bambini arrivati qui insieme ai loro genitori, che hanno studiato nelle nostre scuole. Abbiamo conosciuto una fase difficile con momenti di grande tensione negli anni passati. Esiste la fatica dell’integrazione e della convivenza, perché non è una passeggiata. Ma c’è la consapevolezza che da questa situazione si può uscire solo guardando in avanti».
Mettiamola così: Emilio Del Buono non è né Nelson Mandela né Martin Luther King, ma ha tutt’altra levatura rispetto alla media di politici e amministratori su piazza. Per non parlare di certa fauna umana che sul web sfoggia come un vanto xenofobia, ignoranza, razzismo e aggressività degna di miglior causa.
Tornando alle cose serie, la locuzione sulla quale soffermarsi è ”seconda generazione”, che sta a significare in genere ragazze e ragazzi nati in Italia da genitori stranieri residenti nel nostro Paese. Un concetto sociologico dalle molteplici implicazioni culturali e identitarie.
Brescia però è lontana, oltre il “padre” Po (si fa per dire)…. La provincia di Grosseto invece è più a portata di mano. Bene – dall’elaborazione dei dati Istat fatta dalla società livornese Simurg Ricerche – nelle scuole primarie e secondarie della Maremma* ci sono 1.203 alunni di seconda generazione, corrispondenti al 42% dei 2.865 studenti stranieri iscritti ai diversi ordini e gradi del nostro sistema d’istruzione.
Per inciso i ragazzi stranieri sono a oggi il 12% dei 23.875 studenti totali della provincia di Grosseto nell’anno scolastico 2017/2018. Che sono il 2% in meno della componente “straniera” nelle scuole della Toscana Sud Est, Grosseto-Siena-Arezzo, e della Toscana. In entrambi i casi al 14%: 12.685 ragazze e ragazzi tra Grosseto Siena e Arezzo, oppure 55.509 nella regione. Con una quota del 52% di studenti appartenenti alla seconda generazione nella Sud Est, e addirittura del 58% in Toscana.
Scomponendo il dato provinciale rispetto alle quattro aree socioeconomiche del grossetano, si scopre che la più alta incidenza di studenti stranieri rispetto alla platea studentesca complessiva è sull’Amiata, dove sono 459 i ragazzi e le ragazze “non Italiani”, corrispondenti al 25% degli studenti totali; il 49% dei quali di seconda generazione (nati in Italia). A seguire le Colline Metallifere, con 611 studenti stranieri per il 13% del totale (45% di seconda generazione). Poi le Colline dell’Albegna: 505 studenti stranieri corrispondenti al 10% della popolazione studentesca (40% di seconda generazione). Ultima la zona grossetana, con 1.290 studenti stranieri che pesano per il 10% sul totale (40% di seconda generazione).
Numeri significativi e inequivocabili, che fra l’altro segnalano chiaramente come l’incidenza maggiore della presenza degli studenti stranieri, extracomunitari e non, sia proprio nelle zone della provincia in eclatante crisi demografica, dove più alto è l’indice di vecchiaia. Non è un caso, da questo punto di vista, che proprio a Civitella Paganico ci sia la scuola primaria di secondo grado a più elevato tasso d’internazionalizzazione della provincia, con un terzo dei cento alunni che frequentano le due sezioni della scuola appartenenti a 16 nazionalità diverse. Tanto che oramai da 12 anni – non da ieri – ogni 1° giugno la scuola festeggia l’integrazione scolastica con una “cena multietnica”. Così come non è affatto strano che nell’istituto comprensivo Don Curzio Breschi di Massa Marittima il 30% degli studenti siano stranieri.
Stando così le cose, il vero tema all’ordine del giorno è allora cosa vogliamo farne in Maremma di questo prezioso capitale sociale. Checché ne dicano gli esorcisti dell’invasione extracomunitaria, infatti, i 2.865 studenti “stranieri” presenti nelle nostre scuole anche formalmente privati della cittadinanza italiana sono di fatto nuovi Italiani a tutti gli effetti, per quanto si trovino nella paradossale condizione di stranieri in patria. E perché è lampante che oramai da anni anche nella nostra realtà l’immigrazione è un dato strutturale e non più un fenomeno transitorio legato alla congiuntura economica. Come dimostra anche il fatto che dal 2011 a oggi sono progressivamente aumentate le richieste di soggiorno per motivi familiari, a fronte della diminuzione di quelli per lavoro [fonte: Simurg Ricerche – ndr]. Per non parlare del fatto che la provincia di Grosseto, con una densità di appena 49,34 abitanti per chilometro quadrato, oltre che storicamente poco popolata è anche ostaggio di una drammatica crisi demografica esemplificata da un indice di vecchiaia di 221 over 65 ogni 100 under 14.
Prima si prenderà atto dell’ineluttabilità, e positività, della dinamica di fondo che sta investendo il Paese e purtroppo con minore forza la Maremma, meglio sarà per tutti quanti. Tornando ai 1.203 studenti maremmani di seconda generazione – ma vale per tutti i 2.865 studenti stranieri – è bene sapere che il loro universo culturale di riferimento ha tre dimensioni: l’epoca storica della prima migrazione della famiglia nucleare; l’appartenenza culturale alla propria nazione di origine e la loro integrazione nazionale o regionale di destinazione. Il mix di questi tre elementi contribuisce alla formazione dell’individuo e al suo concetto di identità. I loro sentimenti o risentimenti nei confronti dello Stato e delle comunità ospitanti sono influenzati dalle modalità di arrivo e di accoglienza, così come da motivazioni e modalità di abbandono dello Stato di origine. Sta a noi fare di tutto perché queste persone si sentano parte della comunità e siano da adulti bravi cittadini Italiani, che godano dei diritti e adempiano a dei doveri. Come vale per tutti.
Anche perché al di là della propaganda, come ha fatto notare stamani il presidente dell’Inps Tito Boeri al sovraeccitato ministro Salvini a proposito dell’apporto dei contributi previdenziali versati dai lavoratori stranieri: «i dati non c’è modo d’intimidirli».