GAVORRANO – Non si ferma la battaglia legale dei genitori delle studentesse Erasmus rimaste vittime dell’incidente di pullman in Spagna il 20 marzo del 2016.
Dalla penisola iberica arriva la notizia che il ricorso dei genitori, dopo la seconda archiviazione, è stato nuovamente accolto dalla magistratura di Tarragona, in Catalogna, mentre il giudice di istruzione del tribunale di Amposta, lo scorso settembre, aveva archiviato la causa contro l’autista che era alla guida del bus. Il gip aveva ritenuto che non c’erano indizi sufficienti per accusare l’autista sotto il profilo penale e rinviato le parti a un’eventuale causa civile. Una decisione contro la quale i genitori avevano presentato nuovamente ricorso. A confermare la riapertura delle indagini è Gabriele Maestrini, padre di Elena, la ragazza gavorranese tra le 13 vittime di quella tragica notte.
«Questo non significa che ci sarà un procedimento penale – ha detto – per il momento vuol dire solo che qualcuno ha letto con attenzione i documenti presentati. In tutto questo tempo non si è mai risolto niente ma noi siamo pronti a rivolgerci anche alla corte europea».
Cosa succede ora in questa nuova fase di pingpong giuridico? Una delle prime decisioni del giudice incaricato è stata quella di prendere tempo. La legislatura spagnola prevede, infatti, un tempo massimo di 18 mesi per studiare nuovamente il caso, integrare i documenti o in caso richiederne altri. Per i genitori, da un lato, significa uno spiraglio di speranza, dall’altro attendere nuovamente una decisione incerta. «Elena –scrive Gabriele sul suo profilo Facebook – è una delle 13 ragazze uccise in Spagna durante una gita culturale organizzata da Esn Barcellona durante un progetto Erasmus. 815 giorni di angoscia e disperazione, 815 giorni di attesa di capire perché, chi è stato, quali sono le responsabilità, chi ha causato questa immane tragedia? In questi 815 giorni due tentativi di archiviazione per un’inchiesta che dovrebbe inoltre aiutare a evidenziare e con intelligenza correggere, le criticità che hanno provocato questi omicidi.
Oggi, dopo 815 giorni – prosegue – il nostro ricorso è stato accettato, ma alla giustizia spagnola occorrono altri mesi con un massimo di altri 18 per capire, per acquisire altri documenti. Cosa mancherà ancora? Non lo sappiamo. Cosa hanno fatto sino ad oggi? Forse hanno altri problemi? Sicuramente per noi li hanno, ma se vogliono dimostrare all’Europa intera di poter garantire giustizia e sicurezza ai nostri giovani che scelgano di studiare e soggiornare nel loro paese, dovranno dare voce al nostro dolore per dare giustizia a coloro che non ci sono più.
Chiedo a tutti voi, ai nostri politici di ieri, oggi e domani, di non dimenticare quanto è successo e ricercare in tutte le sedi istituzionali la verità e provare a migliorare le normative di sicurezza nel nome di loro».