GROSSETO – «La Toscana è la regione con il più alto tasso di spiaggiamenti in Italia, così come evidenziato dal report sui dati acquisiti dalla Banca Dati Spiaggiamenti (BDS) nazionale nel 2017» a renderlo noto è l’ Arpat, secondo cui i trend storici dei dati dei recuperi toscani di cetacei e tartarughe mostrano un incremento negli ultimi anni: molti si sono verificati anche in provincia di Grosseto, concentrandosi particolarmente, nel 2017, nella zona sud, sulle coste tra Monte Argentario e Capalbio.
«Questo fatto non è da attribuire ad un reale aumento della mortalità di questi animali – spiega Arpat – ma piuttosto a una maggiore efficienza della rete regionale di recupero, che opera sempre più come sistema integrato e coordinato grazie alla realizzazione dell’Osservatorio Toscano Biodiversità della Regione Toscana. La rete regionale per il recupero di cetacei, tartarughe e grandi pesci cartilaginei, è oggi in via di consolidamento soprattutto grazie alle attività di coordinamento della Regione Toscana e al suo Osservatorio. All’interno di questa rete, e nell’ambito di una procedura standardizzata di intervento, ARPAT riveste un ruolo di coordinamento tra le diverse parti interessate».
«Per quanto riguarda i cetacei – illustra la nota dell’Agenzia regionale – nel 2017 si sono registrati 48 ritrovamenti lungo le coste toscane, più del doppio rispetto all’anno precedente. Il report riporta nel dettaglio anche l’attività di recupero di 50 esemplari di tartarughe marine, tutti appartenenti alla specie più comune Caretta caretta. Per i grandi pesci cartilaginei si sono registrate 21 segnalazioni, per un totale di 24 animali, di cui 11 erano eventi di avvistamenti, tra cui 10 esemplari di verdesca e 1 di squalo mako, e 13 esemplari catturati in modo accidentale da attrezzi da pesca. Tra gli squali catturati accidentalmente da attrezzi da pesca, 8 erano ormai morti ma 5, 4 verdesche e 1 mako, erano ancora vivi e sono stati immediatamente rilasciati».
«Su 14 cetacei e 9 tartarughe che sono state rinvenuti prive di vita – conclude Arpat – è stata eseguita una necroscopia, da parte dei veterinari dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana sede di Pisa, per cercare di stabilire le cause di morte. Le indagini necroscopiche condotte sulle tartarughe hanno evidenziato segni legati a un traumatismo, probabilmente rappresentato da collisioni con natanti e si conferma inoltre che spesso la causa di morte per questi animali è anche rappresentata dalla cattura accidentale da parte di attrezzi da pesca, soprattutto reti da posta. È frequente inoltre la presenza di plastiche di vario tipo negli stomaci degli esemplari esaminati. Dai dati ottenuti quest’anno per i cetacei, possiamo notare un perdurare dell’epidemia da Morbillivirus che, iniziata sulle coste tirreniche meridionali nel 2016, si è estesa sulle nostre coste nel 2017. In generale l’origine infettiva è risultata la principale causa dello spiaggiamento, anche se spesso si è registrata una con-causa di diversi elementi»