Torna la rubrica a cura dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Grosseto. Qui trovate tutte le altre puntate: www.ilgiunco.net/tag/infermieri-informa/
I disturbi della condotta alimentare sono identificati con anoressia, bulimia e non solo…
L’anoressia e la bulimia nervosa sono due alterazioni della condotta alimentare. Gli elementi dominanti sono la tendenza a giudicare se stessi largamente o esclusivamente in termini di alimentazione, peso e forme corporee e il desiderio di dimagrire. Nell’anoressia tale fine è raggiunto attraverso una restrizione alimentare con conseguente restrizione dell’apporto calorico fino ad una vera e propria denutrizione. Nella bulimia l’adozione di condotte eliminatorie (vomito autoindotto, abuso di lassativi, iperattività fisica) “compensa” l’assunzione incontrollata di cibo. Le due sindromi non sono del tutto distinte, esiste una loro sovrapposizione sia intraepisodica (spesso pazienti anoressiche, oltre a ridurre drasticamente l’apporto alimentare, adottano anche condotte eliminatorie per “garantirsi la magrezza”) sia nel decorso di malattia (nella anamnesi di molti pazienti con disturbo della condotta alimentare si alternano episodi di bulimia ad episodi di anoressia).
Attualmente la prevalenza della anoressia nervosa nella popolazione generale oscilla tra 0.4 e 1,5 casi su 100.000 abitanti, con una incidenza in Italia dello 0,2-0,4% (il dato sale fino al 5% se si considerano le forme “attenuate” del disturbo, mentre la bulimia si attesta intorno al 1% dei casi (in Italia la prevalenza è stimata 0,5-1,7%). In Toscana sono circa 120.000 le donne sottopeso (il 7% della popolazione femminile, simile alla media nazionale) fra queste circa 50.000 sono “fortemente” sottopeso. Il problema del sottopeso è invece abbastanza raro nei maschi. L’età di esordio di entrambi i disturbi è compresa tra i 12 e i 25 anni anche se per la bulimia una maggiore frequenza si osserva intorno ai 18 anni, mentre per l’anoressia l’andamento è bimodale con due picchi a 14 e 18 anni.
Un dato inquietante è rappresentato dalla mortalità delle pazienti con anoressia che attualmente è pari al 15%. Il nucleo centrale di entrambi i disturbi è l’eccessiva importanza attribuita al peso, alle forme corporee ed al controllo dell’alimentazione, ma se nella bulimia la combinazione di alimentazione restrittiva e abbuffate (episodi durante i quali sono assunte grandi quantità di cibo con la sensazione di perdere il controllo) determina un peso corporeo variabile, ciò che contraddistingue l’anoressia è il mantenimento di un indice di massa corporea (BMI) inferiore al 15% rispetto a quello atteso, con conseguente comparsa di amenorrea. In entrambi i casi, oltre alla restrizione calorica, possono essere presenti comportamenti orientati al controllo del peso quali vomito autoindotto, uso improprio di lassativi o diuretici, esercizio fisico eccessivo. La diagnosi è effettuata su base clinica attraverso i criteri del manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali della Associazione Psichiatrica Americana (DSM V) o della classificazione internazionale delle malattie e dei problemi relativi alla salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (ICD -10).
Gli infermieri hanno un ruolo abbastanza marginale nella presa in carico di detti pazienti nonostante la norma legislativa attribuisca loro, funzioni di carattere preventivo, curativo, palliativo e riabilitativo. La stessa legge connota inoltre la natura dell’assistenza infermieristica : tecnica, relazionale, educativa, di ricerca e di consulenza. Pertanto è possibile affermare che la funzione dell’ Infermiere sia quella di aiutare attraverso azioni/prestazioni terapeutiche ed educative l’individuo e la famiglia ad utilizzare le proprie risorse e potenzialità per gestire autonomamente e nel modo più appropriato possibile la propria salute e la condizione di malattia e disabilità, se fossero presenti. L’ infermiere deve saper fornire risposte adeguate ai bisogni primari delle persone, per il raggiungimento di condizioni di vita dignitose, per l’integrazione sociale , per l’instaurazione di valide relazioni affettive, per l’autonomia e il lavoro anche attraverso modelli concettuali di assistenza. Per questo è auspicabile che i Disturbi Alimentari vengano inseriti nei piani di studi del percorso universitario di Infermieristica
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