La meteorologia come metafora della condizione umana: siamo tutti in balia degli eventi atmosferici. Senza possibilità di redenzione. E così una pacifica nevicata dall’impatto più che resistibile ha finito per prendere in ostaggio la città di Grosseto, dove si sono chiuse le scuole e la cosa ha scatenato nei social un ansiogeno dibattito collettivo sull’opportunità o meno di esporre i “pupi” al rischio tremendo di recarsi a scuola con le strade “diacciate”…..
«L’inverno del nostro scontento» non è più quello del Riccardo III di Shakespeare, con le sue pulsioni torbide che lo porteranno alla disperazione, ma si materializza nella versione più pecoreccia delle umane ambasce di fronte all’imponderabile capriccio del global warning. Che macera i contemporanei nel dubbio su come affrontare i rovesci imprevisti del meteo.
Ma anche no. Onestamente anche meno. Perché se è palmare che dovremo abituarci a convivere con i fenomeni estremi conseguenti al riscaldamento globale del pianeta, non c’è ragione alcuna di finire ostaggio del catastrofismo mediatico di meteorologi che si atteggiano a sacerdoti del culto meteoropatico. Veri e propri druidi del “gelicidio”, fenomeno consistente nella solidificazione istantanea della pioggia a contatto col suolo, formando uno strato di ghiaccio trasparente e scivoloso. Sostantivo dall’assonanza sinistra che gli sprovveduti possono equivocare con un prosaico “omicidio da gelo”.
La faccenda è più seria di quanto appaia. Attenendo alle fobie contemporanee, tipo le scie chimiche che per qualche tempo hanno goduto di una certa notorietà. Perché questo horror vacui da maltempo, per quanto spropositato sembri l’assunto, dà la misura di cosa riteniamo importante o pericoloso per la nostra specie.
Il problema, quindi, non è buttare la croce addosso agli amministratori di turno, ché tanto uno vale l’altro, come dimostra la circostanza che blocchi del traffico e chiusure delle scuole appestano ogni dove al primo stormir di previsione meteo. A inquietare è il fatto che dieci quindici centimetri di neve e un po’ di ghiaccio nell’immaginario collettivo trasformino città e paesi in altrettante Armageddon bibliche dove si combatte la battaglia finale tra la perfida neve e le povere comunità impaurite. Per cui mamme, insegnanti, amministratori pubblici, esperti meteo e liberi pensatori di giornata s’accapigliano su angosciosi interrogativi. Ad esempio: come faranno a raggiungere la scuola le torme di studenti se devono rinunciare al motorino perché le strade sono diacciate? Tipo….a piedi o con l’autobus? Oppure accompagnati in macchina da qualche genitore intraprendente? Ma anche: e quelli che arrivano dai paesi circostanti, come fanno? Forse col solito pullman di ogni mattina, probabilmente con qualche minuto di ritardo? Insomma, alle creature farebbe bene confrontarsi serenamente col generale inverno – da noi di rango inferiore a quello russo che batté Napoleone – “agginandosi” a camminare sul diaccio senza attentare alle proprie vite. Anche in termini educativi, farebbe bene alle creature, per uscire dall’involucro di ovatta in cui le incartano le famiglie. Cocchi di mamme e babbi iperprotettivi e isterici.
Stesso paradigma vagamente patologico, volendo, che si riscontra in occasione delle allerte meteo per pioggia. Che diventano automaticamente stati d’animo angosciati predittivi di bombe d’acqua come se non ci fosse un domani. Accompagnati dalla certezza matematica, a inverarne il senso di allarme, che qualche genio ribelle convinto delle proprie doti anfibie rimarrà bloccato nel sottopasso fatalmente allagato.
La cosa esilarante è che oramai ad esser afflitte dalla sindrome da catastrofismo collettivo non sono più solo le falangi dei genitori-chioccia, ma amministratori e decisori tutti che hanno giurisdizione sulle emergenze. Non foss’altro che per scongiurare le lamentele di un’opinione pubblica iper suscettibile e incapace anche di accettare disagi sopportabili. Pronti ad esser amplificati da media a caccia di “sangue”.
Continuando di questo passo, infatti, probabile venga istituita un’unità anticrisi coordinata dalla prefettura per la “prevenzione degli stati di disagio meteorologico”. Senza tenere conto del fatto che, tornando alla clamorosa “emergenza neve” di mercoledì scorso a Grosseto, come oramai avviene quasi sempre, le previsioni perfettamente azzeccate avevano avvertito che a metà mattinata le temperature sarebbero bruscamente risalite. Sciogliendo in un batter d’occhio la temuta neve. Con grandissimo disdoro dei genitori che avevano avuto la giornata stravolta dai figli inopinatamente rimasti a casa in funzione anti-slavina.
Sarà che oramai tutti quanti viviamo in presa diretta con le allerte meteo sui telefonini che ci propinano i siti di previsione, o che la Protezione civile squaderna allerte gialle con una frequenza inquietante. Certo è che la cosa sta diventando un po’ paradossale.
Viene da chiedersi, sinceramente, se in assenza di preoccupazioni più serie non ci siamo oramai assuefatti alla prevalenza di rassicurati bisogni fittizi. Se siamo oramai con tutti i piedi nell’era del “sarchiapone meteorologo”. Creatura misteriosa che ieri, in treno, preoccupava i compagni di scompartimento di Walter Chiari. E oggi, in virtù della metempsicosi, solletica le nostre fobie contemporanee. Chissà?