GROSSETO – “Quello dell’acquacoltura è un settore tra i più rilevanti nell’economia maremmana, per numero di aziende e di addetti, con un valore riconosciuto in termini di qualità e quantità dal mercato ittico nazionale e con possibilità concrete di espandersi con il supporto di una buona pianificazione del mare ed una nuova regolamentazione nazionale. Abbiamo tutte le capacità per essere i primi”. Così Leonardo Marras, candidato alla Camera dei Deputati nel collegio 14, nell’incontro con gli operatori dell’acquacoltura che si è svolto ieri ad Orbetello alla presenza dell’assessore regionale all’ambiente Federica Fratoni e del candidato Luca Sani.
“La Coopam, che riunisce le diverse realtà dell’acquacoltura – prosegue Marras-, è il primo esempio di rete di impresa realizzata sul territorio; il gruppo vende circa 2mila tonnellate di pesce all’anno con una distribuzione media giornaliera di 6 tonnellate e impiega 75 persone a tempo indeterminato, con un valore salariale del 30 per centro superiore al contratto medio, che è quello dell’agricoltura. È un’attività economicamente importante e al tempo stesso sostenibile, a basso impatto ambientale: l’energia per mandare gli impianti, infatti, è tutta verde; inoltre, l’allevamento del pesce consente di rispondere alla crescente richiesta del mercato, evitando di mettere a rischio nel lungo termine lo stock selvatico presente nei nostri mari. Per favorire la ripresa degli investimenti occorrono risorse, semplificazione burocratica e nuovi regolamenti normativi, per questo credo che sia necessario riprendere subito la norma già pronta e approvata in questa legislatura solo dalla Camera dei Deputati, con l’obiettivo di migliorare ulteriormente la sostenibilità a terra e aumentare la produzione in mare, anche sfruttando le risorse a disposizione con il Fondo europeo per la pesca”.
“Gli spazi da occupare ci sono – conclude Marras -, lo stesso Marco Gilmozzi, presidente dell’associazione europea degli acquacoltori, intervenendo in Commissione agricoltura e pesca dell’UE ha sostenuto che investendo in mezzi e tecnologia, possono recuperare un gap 75% della produzione, ovvero la quantità corrispondente a tutta l’importazione extraeuropea, offrendo oltre 500mila posti di lavoro. Questo vale anche per l’Italia, dove addirittura importiamo l’85% del pesce. Aumentare la quantità di produzione interna significa anche andare a ridurre il prodotto d’importazione extraeuropea e quindi avere una garanzia maggiore in termini di sicurezza del prodotto: l’Unione europea rispetto al resto del mondo garantisce norme sanitarie e ambientali di elevata qualità”.