GROSSETO – «Il prossimo 4 marzo i cittadini italiani tornano a votare. Lo fanno in una situazione sociale segnata dagli effetti delle politiche liberiste e d’austerità imposte dai governi succedutisi negli anni, con indicatori di povertà saliti alle stelle. Lo fanno in una situazione politica segnata da una separazione ormai abissale fra paese reale e istituzioni, con un astensionismo destinato ad aumentare progressivamente. Le prossime elezioni arrivano di fatto, in un paese nel quale il conflitto sociale e l’azione dei movimenti scontano un’insufficienza pesante, e dove alla narrazione dominante corrisponde una preoccupante rassegnazione». Così si legge nella nota di Silvano Brandi, responsabile locale di Attac (Associazione Per La Tassazione Delle Transazioni Finanziarie E L’
«Viene al pettine un nodo fondamentale di questi anni: mentre le persone in campo per il cambiamento, sia esso un conflitto territoriale o una nuova pratica dell’agire comune, non sono mai state così numerose, la loro fiducia nella possibilità di una trasformazione più generale non è mai stata così bassa».
«Si scontano, socialmente e politicamente, i pesanti limiti dei partiti, che non avendo condotto un’adeguata analisi del capitalismo nell’epoca dell’economia del debito e della finanziarizzazione della società, hanno di fatto interiorizzato la narrazione liberista, focalizzandosi nella rivendicazione di una qualche modesta ed insufficiente forma di redistribuzione, senza neppure sfiorare le storture di questa società».
«Coerentemente con il nostro percorso associativo e di movimento, non guardiamo all’appuntamento elettorale come ad una scadenza decisiva, perché continuiamo a pensare che solo da una società in movimento possa scaturire l’energia per produrre istituzioni nuove e che oggi la rappresentanza sia molto più il problema che non la soluzione. Inoltre, in questa epoca di progressivo spostamento dei luoghi della decisionalità fuori dalle assemblee elettive e del conseguente svuotamento di queste ultime, le istituzioni, invece di opporre un argine al pensiero unico del mercato, diventano sempre più spesso un’articolazione dello stesso».
«Nelle nostre riflessioni ed azioni abbiamo sempre identificato la necessità della partecipazione popolare dal basso che fosse anche inclusiva, come unica garanzia per avviare processi di riappropriazione sociale di tutto quello che ci “appartiene”: beni comuni, diritti sociali, ricchezza collettiva, democrazia. Per questo, siamo convinti che, di fronte all’esito delle prossime elezioni, qualsiasi forma di governo si realizzi, l’unica possibilità continui ad essere rappresentata dalla ripresa di una forte mobilitazione sociale che ponga le vite prima del debito, i diritti prima dei profitti, il “comune” prima della proprietà, la distinzione della responsabilità penale dalla responsabilità politica».
«A partire dai contenuti di netta discontinuità con l’attuale corso liberista e dal coinvolgimento di molteplici esperienze radicate territorialmente, siamo interessati ad aprire un confronto che vorremmo impostare intorno ad un nesso per noi fondamentale, poiché rivela la nudità del re: senza mettere in discussione la trappola del debito, con la creazione di una commissione d’indagine (audit) indipendente e popolare che si prefigga l’annullamento dei debiti illegittimi, la messa in campo di una nuova finanza pubblica e sociale, la messa in campo di una lotta seria all’evasione e elusione fiscale, alla corruzione, alle organizzazioni criminali, ogni altro modello di società diventa impossibile e ogni proposta alternativa è destinata all’evaporazione. Per le ragioni sopra esposte, ci dichiariamo disponibili ad aprire un confronto con chi voglia provare a cambiare lo stato di cose esistenti».