GROSSETO – È di queste ultime settimane la notizia, diffusa da ANSA, e da molti quotidiani nazionali, della pubblicazione sull’importante rivista scientifica Marine Biology, di un lavoro scientifico – “Large scale movements in the oceanic environment identify important foraging areas for loggerheads in central Mediterranean Sea” – che raccoglie i dati di anni di monitoraggi sugli spostamenti delle tartarughe marine liberate dalla costa maremmana.
Il gruppo di lavoro che ha soccorso, curato ed assistito fino alla re-introduzione in natura i tre esemplari rilasciati con trasmettitore satellitare vede oggi i risultati dell’impegno scientifico durato 8 anni, dal 2008 al 2016.
Gli studi di quel periodo, la collaborazione sulla ricerca condotta dallo staff scientifico grossetano, insieme con un’equipe di etologi dell’Università di Pisa, finanziata dall’Università stessa con i fondi Pra, dalla Regione Toscana e dalla Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, hanno dato esiti di grande rilevanza scientifica per comprendere la vita della Caretta caretta nel Mediterraneo.
In sintesi, con questo lavoro scientifico, il professor Luschi dell’Ateneo pisano ed i suoi collaboratori hanno potuto seguire gli spostamenti nel Mediterraneo di otto tartarughe marine comuni (Caretta caretta). Questi esemplari sono stati dotati di un apparecchio, il trasmettitore satellitare, posizionato dall’equipe pisana sul loro carapace con apposita resina naturale, prima di essere liberate in mare dopo alcuni mesi di degenza presso i centri di soccorso. Il fine era quello di capire le preferenze e le abitudini di questa specie, e di approfondire le conoscenze su un ambito ancora misterioso ed oscuro della loro biologia, cioè il comportamento migratorio e le dinamiche che lo regolano.
Inutile sottolineare l’importanza di questi studi e delle conoscenze che ne derivano per chi, lottando contro il tempo, sta cercando di evitare la scomparsa di queste specie marine e di fermare l’inesorabile meccanismo che potrebbe portare alla loro estinzione.
Ebbene tra le otto tartarughe monitorate Olivia, Honolulu e Karma erano state curate a Grosseto e poi rilasciate dalle nostre coste. Gli esperti grossetani, che hanno seguito le fasi di cura rilascio e monitoraggio post rilascio, sono fra gli autori di questa ricerca scientifica e fanno parte oggi di un team specializzato, il team di tartAmare, che prosegue la propria attività a difesa di queste specie.
TartAmare al momento ha un nuovo Centro di cura per le tartarughe e per la didattica a Marina di Grosseto, sempre in convenzione con il comune, per continuare la ricerca scientifica e l’educazione ambientale, e punta a portare questo Centro al livello delle eccellenze italiane che operano nell’ambito della tutela del mare.
“Questo studio i cui dati derivano da animali diversi, riabilitati in due strutture diverse, Napoli e Grosseto appunto, dopo periodi di degenza diversi e che abbraccia un intervallo di tempo così ampio (2006-2016, per Grosseto 2008-2016) – spiega Luana Papetti, responsabile scientifico del Centro di Grosseto e coautrice del lavoro pubblicato da Marine Biology -, ha un grande valore scientifico, contribuisce ad ampliare le conoscenze, ancora limitate, sull’ecologia e le dinamiche spaziali delle tartarughe marine comuni nel bacino del Mediterraneo Occidentale e suggerisce la possibilità che ci sia una vasta ed importante area oceanica nel Tirreno meridionale dove queste specie amano fermarsi o comunque aggirarsi per periodi prolungati durante lo stadio di vita adulto e subadulto, per nutrirsi. Queste scoperte ci danno importanti informazioni su alcune fasi del complesso e misterioso ciclo vitale delle tartarughe marine, informazioni che si rivelano fondamentali per delineare le strategie di conservazione e di tutela di questi animali”
“Ma questo studio – continua Papetti -, valorizza la nostra città, che, negli anni è sempre stata impegnata nella tutela di questa specie come specie simbolo della salute del nostro mare. Grosseto infatti ha una lunga tradizione nella promozione di azioni a difesa di questi animali e si colloca nel panorama italiano quale roccaforte nella conservazione e nella tutela di queste specie marine protette”.