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«Gay di tutto il mondo unitevi, e venite in Maremma!!». Per quanto un po’ casareccio, dal retrogusto vagamente marxiano e demodé, potrebbe essere lo slogan buono a lanciare un nuovo segmento di offerta turistica in provincia di Grosseto. Quello del cosiddetto turismo gay friendly. O meglio sarebbe dire “Lgbt friendly”: amichevole con le persone di orientamento sessuale lesbico, gay, bisessuale e transgender. Amichevole significa semplicemente non discriminatorio. Potrebbe essere, finalmente, l’atout per destagionalizzare e sprovincializzare il nostro compassato comparto turistico. Chissà….
È in inverno inoltrato che si sviluppano le strategie del turismo, che poi vengono squadernate tra marzo e aprile in occasioni come la Borsa internazionale del turismo di Milano. Per gli addetti ai lavori la Bit. E proprio alla Bit lo scorso anno è stata presentata un’interessante ricerca sul “Turismo Lgbt”, realizzata dal master in Economia del turismo dell’Università Bocconi. Con dati e informazioni che aprono la finestra su un spaccato, quello Lgbt, in Italia sempre marginalizzato e snobbato per bigottismo, moralismo e codinismo aggravato.
Eppure c’è da stropicciarsi gli occhi. Prendiamo ad esempio il paese leader nel mondo. Secondo l’indagine condotta nel 2016 da “Out Now” su un campione di 130.000 persone in 18 Paesi, negli Usa il turismo Lgbt vale sessantuno miliardi di dollari per il 28,8% del mercato nazionale, con un tasso medio di crescita nel triennio precedente del 2,5%. Un’enormità.
Il turismo Lgbt è un segmento economicamente piuttosto interessante anche a livello mondiale, sia per le destinazioni che per gli operatori del settore. Non esistono dati univoci sul suo valore economico, se non quelli di alcune istituzioni indipendenti, ma tutti portano a conclusioni fra loro molto simili. Secondo
lo studio Lgbt2030, condotto dalla società di consulenza Out Now, a livello globale questo segmento turistico vale almeno 211 miliardi di dollari all’anno. 195 miliardi per l’edizione 2017 di Fitur Gay, che stima nel 10% i turisti Lgbt a livello mondiale (16% delle spese totali in viaggi e turismo). 200 miliardi, invece, la valutazione fatta nel 2012 dall’associazione europea del turismo gay (Geta). Insomma una “nicchiona” di mercato che vale tra il 7e il 10 per cento dell’intero comparto turistico mondiale, e che muove ogni anno oltre 70 milioni di persone con ottime capacità di spesa. E un tasso di crescita medio intorno al 3% a livello globale.
Capacità di spesa è la parola magica. Perché i viaggiatori Lgbt si spostano e spendono in media più degli altri turisti. E lo fanno per più motivi: generalmente non hanno figli, hanno lavori con qualifiche più alte e sono portati per i consumi culturali, a più alto valore aggiunto. Insomma, pecunia non olet, e in ogni angolo del pianeta è caccia aperta. Con i mercati di Usa, Brasile e Giappone che la fanno da padrone. In Europa invece Germania, Inghilterra e Francia precedono l’Italia, dove il giro d’affari sfiora i nove miliardi di dollari, e costituisce il 4,3% del mercato nazionale. Sempre secondo la valutazione della società di ricerche Out Now.
Nonostante questi numeri più che promettenti, quanto a politiche di marketing e incoming turistico l’Italia è ovviamente il fanalino di coda. Non solo il portale turistico nazionale non ha una sezione dedicata al segmento Lgbt, considerato unanimemente fattore di competitività per questo tipo di offerta, ma – riporta l’indagine della Bocconi presentata alla Bit 2017 – secondo lo “Spartacus Gay Travel Index”, che misura i fattori di attrattività del turismo Lgbt nei 28 paesi Ue, il Belpaese è in terzultima posizione (con il punteggio di 1) insieme a Cipro, Croazia, Grecia e Slovacchia. Inghilterra e Svezia al primo posto con un ranking di 9 punti. E si capisce perché. Visto che nel Paese bacchettone e surreale colonizzato da “sentinelli in piedi”, neofascisti vari ed eventuali, perbenisti pure, è chiaro che organizzare in modo ufficiale una filiera turistica rivolta a viaggiatori Lgbt – gli «uomini sessuali», direbbe tale Mario Adinolfi – viene considerata una cosa alquanto disdicevole. Peccaminosa, nientemeno.
Tuttavia qualche motivo di speranza c’è. Perché la Toscana, che ha nel proprio portale turistico www.visittuscany.com una potentissima arma di marketing, è stata la prima Regione italiana a inserire una sezione “gay friendly”. Peraltro ancora deficitaria rispetto ad altri portali sul web.
A fare da apripista negli anni passati a questa significativa nicchia di mercato sono stati Torre del Lago e Viareggio. Oggi nella sezione Toscana gay friendly, la Maremma viene citata per le sue spiagge e per le terme. Destinazioni che interessano i turisti Lgbt. Non rimarrebbe che costruire i prodotti da disseminare in giro per il mondo in modo strutturato e promuovere buone pratiche non discriminatorie.
Peraltro, come recita la sezione gay friendly di visittuscany.com la Toscana ha dato i natali ad alcuni geni che hanno prodotto opere patrimonio dell’umanità intera – Michelangelo Buonarroti, Leonardo Da Vinci e Machiavelli erano omosessuali – e Firenze era un po’ considerata la San Francisco di quei tempi. Tanto che per definire un omosessuale nei paesi di lingua tedesca si usava il termine “florenzen”, fiorentino. Così come fu la Toscana del Granduca Leopoldo I il primo Stato italiano a depenalizzare l’omosessualità, oltre alla pena di morte.
Dopo sport, enogastronomia, agriturismo, cicloturismo e trecking, insieme a quella del turismo accessibile alle persone disabili, potrebbe esse la volta buona per la filiera turistica Lgtb. Sarebbe un progresso culturale e civico, anche se purtroppo il superamento definitivo dello stigma avverrebbe solo per via d’emancipazione economica. E la Maremma potrebbe trarne vantaggio. Ma non lo dite a fascisti e affini… che sennò organizzano subito una bella marcia degli Itagliani veri. Mi raccomando.
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