GROSSETO – Oggi i Carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Grosseto, coadiuvati dai militari del locale comando provinciale, hanno proceduto al sequestro preventivo dell’impianto gestito da un’azienda di Sorano, che gestisce rifiuti organici (rifiuti agroindustriali, fanghi di depurazione agroindustriali e delle acque reflue civili, letame) per la produzione di ammendante e fertilizzanti.
Il provvedimento è stato eseguito in ottemperanza a un decreto emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Grosseto, su richiesta di questa Procura della Repubblica, che ha coordinato l’attività investigativa condotta dai militari del Noe, il nucleo operativo ecologico.
L’indagine del reparto specializzato dell’Arma ha avuto origine nell’ottobre del 2016, a seguito di un’attività di supporto fornita al comando compagnia Carabinieri di Pitigliano, che investigava su un consistente illecito smaltimento di rifiuti liquidi sversati nel fosso di confine tra l’azienda e altra proprietà privata.
I carabinieri del Noe, nel corso di una serie di verifiche e di accertamenti di polizia giudiziaria in relazione all’attività svolta dall’impresa, nonché alle autorizzazioni concesse e alle modalità di realizzazione dell’impianto, hanno constatato che il sistema di gestione delle acque meteoriche dilavanti, utilizzato dall’azienda, era difforme da quello autorizzato dalla Provincia.
L’autorizzazione prevedeva, infatti, che l’impianto, dal punto di vista idraulico, dovesse considerarsi un sistema chiuso: in merito alla gestione delle acque meteoriche non era possibile pertanto alcun recapito in corpo idrico, né alcuno scarico delle acque meteoriche di dilavamento delle superfici scolanti.
Tutte le acque di dilavamento dovevano essere convogliate in una rete idraulica (costituita da tombini, canaline, “pozzini” e tubazioni) ed essere raccolte in tre vasche, per essere riutilizzate nel processo di produzione dell’ammendante compostato misto e per l’umidificazione dei cumuli in compostaggio. In caso di piogge eccessive, con conseguente riempimento delle vasche, queste dovevano essere riportate a livello di sicurezza mediante smaltimento come rifiuto liquido, con i relativi e ovvi oneri economici. La necessità di dotarsi di un impianto così architettato è dovuta al fatto che le acque meteoriche vengono a contatto con i rifiuti presenti sui piazzali in cui avvengono le lavorazioni, e in tal modo possono contaminarsi.
I Carabinieri del Noe hanno invece accertato – in sede di plurimi sopralluoghi e con la collaborazione di personale dell’Arpat – la difformità dell’impianto rispetto alle prescrizioni impartite dall’Ente avente potere autorizzativo; in particolare la difformità consisteva nell’abusiva realizzazione di tubazioni, canaline, paratie amovibili e nella presenza di almeno quattro punti di immissione su corpo ricettore di acque potenzialmente contaminate.
Il sistema così realizzato permetteva all’azienda, in caso di raggiungimento di livelli eccessivi di acque all’interno delle vasche, il loro illecito smaltimento attraverso l’abbandono e spandimento nei terreni e nei fossi di confine.
E’ stato deferito all’Autorità Giudiziaria il legale rappresentante dell’azienda per i reati di “abbandono di rifiuti” e di “violazione delle prescrizioni autorizzative”, nonché di “violazione delle prescrizioni autorizzative” in tema di emissioni in atmosfera, atteso che non era stata assicurata la dovuta pulizia delle zone di stoccaggio e delle vie di traffico ed è stata altresì riscontrata l’inefficienza del sistema di captazione dell’aria all’interno del capannone di trattamento dei prodotti finiti.