«Meglio essere ottimisti che pessimisti». Direbbe oggi Massimo Catalano, detto Max, trombettista jazz e compianto comprimario di “Quelli della Notte”, strepitosa trasmissione di Rai2 condotta con piglio goliardico da Renzo Arbore nel lontano 1985. Versione popolare del gramsciano «ottimismo della volontà», contrapposto al «pessimismo della ragione». Meglio così che peggio. Ché al peggio non c’è mai fine.
All’insegna dell’ottimismo, non di maniera, proviamo quindi a fare l’elenco dei buoni propositi, o meglio degli auspici, per l’incipiente 2018 in Maremma.
Auguriamoci quindi: che vengano sconfitti i professionisti del veto e quelli dell’improvvisazione. Che si riconoscono a primo acchito. Come quelli che a inizio 2000, allorquando cominciò il letargico adeguamento a quattro corsie della Grosseto-Siena, ancora in itinere, ebbero a paventare lo scempio ambientale di una delle zone ancora incontaminate della Toscana……sic! Quelli che No a qualunque cosa. Dalla diga sul Farma Merse, che oggi rimpiangiamo a ogni crisi idrica, alle pale eoliche, dagl’inceneritori all’autostrada, dai pannelli fotovoltaici alle centrali a biomasse, dalle industrie ai porti turistici, dai vaccini alla geotermia, fino alle discariche per i “gessi rossi”. Perché questa «terra bellissima» deve rimanere incontaminata. Cioè a dire un esercizio di stile agreste, in nome del privilegio di pochi e dell’ostilità oscurantista e preconcetta nei confronti di tutto ciò che è moderno e mette in discussione lo status quo. Feticcio di ogni conservatorismo che si rispetti.
Allo stesso modo, auguriamoci siano battuti gl’improvvisatori a buon mercato. Quelli che si entusiasmano per la qualsiasi, basta sia. Quasi sempre giustificandosi che tutto porta sviluppo economico, che ci vuole d’esser dinamici. Come quelli che quarant’anni fa si opponevano alla nascita del Parco della Maremma perché ad Alberese o a cala di Forno sarebbero venute bene le villette. E che oggi farebbero le villette al posto dell’area industriale del Casone. Perché il turismo – chiamalo turismo – porta sviluppo e non inquina. Non inquina?
Che il 2018 sia l’anno degli appalti delle infrastrutture. Perché se ha ragione il presidente della Bce Mario Draghi che vede la zona euro «registrare una forte espansione della crescita rivista in rialzo al 2,4% quest’anno, e un rafforzamento dell’inflazione che tuttavia resterà sotto il target fino al 2020», non bisogna dimenticare che l’economia della Maremma è anticiclica. Il che significa che agganceremo la ripresa in ritardo rispetto ad altri territori della Toscana, dove le cose stanno migliorando almeno già da un anno. E siccome, checché ne dicano i luminari dell’improvvisazione, le infrastrutture sono da che mondo è mondo volano di sviluppo, ritrovarsi ancora in mezzo al guado proprio negli anni in cui il ciclo economico sarà espansivo acuirà il gap fra territori. A meno che entro l’anno prossimo non siano appaltatati i lavori sui lotti 4° e 9° della Grosseto-Siena, quelli per iniziare ad adeguare l’Aurelia e a realizzare l’autostrada fino ad Ansedonia, i primi lotti di ammodernamento della provinciale del Cipressino e qualcosa in più sulle altre provinciali. Se tutto questo avvenisse nei prossimi dodici mesi, il comparto edile che in provincia ha un peso specifico significativo potrebbe rialzare la testa e dare opportunità di lavoro.
Che sia marginalizzato il localismo campanilista. Parafrasando con azzardo compiaciuto i concetti espressi da Lenin nel suo “L’Estremismo, malattia infantile del comunismo”, potremmo dire che il neo localismo, di cui il “sovranismo” è la grottesca epitome nazionale, è la risposta emotiva, inefficace e sciorna alla frustrazione reale che vivono tute le comunità locali, quindi anche le nostre, assediate dalla globalizzazione. Che con i suoi cascami economici sfarina le certezze del rimpianto piccolo mondo antico e rassicurante cui tutti eravamo abituati. Ma che non potrà mai più tornare.
Per stare in modo positivo nelle dinamiche del mondo che cambia, quindi, non serve né recriminare né scegliersi un nemico di comodo. Non servirà perpetrare la litania della Regione matrigna o del Governo distante, piagnucolando e vaneggiando un irrealistico isolazionismo autarchico. Né prendersela con immigrati e richiedenti asilo, senza i quali oramai collasserebbero interi comparti economici della provincia: dall’edilizia all’agricoltura, dai servizi turistici a quelli di assistenza alla persona. Oppure con la grande distribuzione organizzata e i siti di e-commerce, a torto o a ragione privilegiati dai consumatori rispetto alla rete del commercio tradizionale. Tutti fenomeni complicati, contrapponendo ai quali l’ottuso campanilismo della “maremmanitudine” non si otterrà nient’altro che il perpetrarsi dell’agonia. Connotata oltretutto da un innegabile declino demografico.
Auguriamoci, infine, che Grosseto torni ad essere capoluogo. Come lo è stata fino ai primi anni del nuovo millennio. Fino a quel momento, infatti, pur col fardello di deficit storici, la città è riuscita a seguire una propria traiettoria di crescita, allo stesso tempo elaborando strategie per l’intera provincia e guidandone il processo di riconversione produttiva del territorio. Con un riscontro oggettivo nella crescita del Pil e nel miglioramento diffuso della qualità della vita. Periodo al quale è seguito un quindicennio di caduta verticale, per cause tanto esogene quanto endogene.
Il 2018, sotto questo profilo, potrebbe iniziare a segnare l’inversione di marcia. A patto che emerga il protagonismo di una nuova classe dirigente diffusa. Nuova, però, perché le attuali classi dirigenti, quelle politiche e dei cosiddetti corpi intermedi – fatte le dovute eccezioni che ci sono – non sembrano davvero in grado di esprimere leadership autorevoli e indicare i traguardi futuri. Qualche timido motivo di ottimismo tuttavia c’è. Perché qua e là, per chi conosce la città, non è impossibile cogliere fermenti positivi, oltre il pessimismo di maniera che impera nel chiacchiericcio quotidiano. La novità, ovviamente, non ha necessariamente a che vedere con l’età anagrafica delle persone, ma con l’originalità delle idee, con la loro lungimiranza e con la tenacia nel perseguire gli obiettivi. Chi vivrà, insomma vedrà.
Nel frattempo salutiamo l’arrivo del 2018 all’insegna dell’ottimismo. Perché, tornando all’incipit, come direbbe seraficamente il saggio protagonista di “Quelli della Notte”, Massimo Catalano: «è molto meglio essere giovani, belli, ricchi e in buona salute, piuttosto che essere vecchi, brutti, poveri e malati».