Quella che pubblichiamo è la lettera aperta ad Altero Matteoli scritta da Cristina Gimignani, che per anni ha collaborato con il parlamentare, ex ministro e sindaco di Orbetello.
Senti, Altero
Tutti parlano e è arrivato il momento che dica qualcosa anch’io. Questo, è l’unico intervento che non correggerai. Forse.
Ieri ho continuato a mandarti messaggi fino all’ultimo, sperando di contattarti, perché i colleghi mi avevano avvertito che avevi avuto un incidente. Come al solito, ti ho chiamato in un momento inopportuno, perché stavi morendo. Come quando ti mandavo i messaggi alle 4 di notte, tanto li avresti letti la mattina. Come quando mi consolavi per le pene d’amore. Come quando gioivi se mi succedeva qualcosa di bello.
La prima candidatura, la laurea, il primo stipendio, il primo libro, l’acquisto della prima casa, il primo contratto Rai. Sempre insieme, anche se te sempre avanti di due, o tre passi, perché avevi le gambe più lunghe.
Come abbiamo cominciato? Ah, sì: Babbo, ha guidato la provincia di Grosseto nell’Msi dal 1954 al 1971 e ti ha nominato responsabile di Cecina nel 1964. Quando morì Michelini avete bisticciato, perché eri entrato nel giro di Beppe Niccolai, che era nella componente dei ‘sociali’, mentre lui era nella destra in doppiopetto, più conservatrice. Mi ricordo quei mesi del vostro allontanamento come un sogno molesto, concluso con un grande abbraccio una settimana prima che babbo morisse.
Da lì, è iniziato il nostro percorso. Siccome anche tu eri diventato orfano più o meno alla mia età, (io a 9 e te a 6 anni), sapevi benissimo cosa succede in questi casi, l’ipocrisia della gente, gli sciacalli e quel farti sentire in colpa velato, quasi come se l’essere orfani fosse stata colpa nostra. E te, mi hai sempre fatto sentire una principessa. Senza corona.
Come ti diceva sempre babbo “Questa è la mia Principessa. Dicono che la vizio, ma se mi chiedesse la luna, io gliela comprerei”. E te me l’hai data, la luna. Quando sei diventato sempre più importante, quando ho potuto vivere in prima linea il mondo della militanza romana che mi aveva sempre stregato. Il mio limite, è stato quello di non rendermi conto di chi fossi veramente. Quando ti telefonava Ciampi, era per me una cosa ovvia. Se ti sentivo parlare con Berlusconi, faceva parte della nostra vita.
Quando c’era da calcolare i collegi, ti presentavi a Arcore con la matita e il blocchetto, davanti a uno stuolo di avvocati coi computer ultimo strillo che regolarmente, sfornavano cifre meno precise delle tue.
“Silvio”, come lo chiamavi tu, era ammirato dalla tua intelligenza, dalle tue capacità e dal tuo cuore. Eri come una stella che non smetteva mai di brillare, ma come tutte le comete, mi sei sfuggito. Ho cercato di trattenerti, ma non ci sono riuscita. Non ci riesco mai, a trattenervi.
Nei miei romanzi, ho sempre parlato di te e in questo prossimo, sui ‘colonnelli’ di An, dovrò rifare tutta la storia da capo, perché la verità ha superato la fantasia. Sorprendono tanti commenti che leggo in questi giorni. Sai, volevo dirti che io non ho imparato niente.
Tutti dicono che seguiranno quello che avevi tracciato, ma non sanno quanto questo sia difficile, perché per essere te, ci vogliono palle particolari, di cui si è perso il conio. Il nemico, specialmente se travestito da sciacallo, te lo blandivi, lo prendevi in giro, gli dicevi quello che voleva sentire per capire cosa pensava, quali sarebbero state le sue mosse. E lo fregavi, col moschetto del guascone. Eri il mio Cyrano di Bergerac.
L’unico, che ha saputo legare la Maremma alla politica alta, quella importante, delle opere pubbliche, ma anche degli aiuti alla gente, agli amici e soprattutto ai nemici, che non dovevano avere niente da ridire.
Ogni candidatura è passata dalle tue mani, ogni decisione, anche la più sofferta, non è mai volata sopra la testa dei territori. Assolutamente contro la mia volontà, perché a volte avrei voluto che tu fossi più vendicativo. E invece no, perché mi dicevi che nella politica il momento più bello, è quando il nemico ti cerca per riconoscere il tuo valore, che nessuno vince mai completamente e nessuno perde mai completamente. Mi hai insegnato, questo sì, a dialogare con quelli della parte avversa e non ti sorprenderà sapere che ieri gli amici di tutti gli schieramenti politici mi sono stati vicino.
Anche se, appena ho saputo, istintivamente, come al solito ho chiamato Maurizio Gasparri. Gridavo così tanto che non riconosceva la mia voce. E poi Ignazio La Russa, Francesco Storace. Noi, perché io ho voglia di noi, del nostro mondo che si assottiglia sempre più. Il mio curriculum è vario, ma comincia così Ufficio stampa coordinatore regionale Altero Matteoli.
Ti hanno eletto per la prima volta nel 1983, quando ho dato il mio primo voto. La prima firma, invece, la misi per la racconta che volle Almirante in favore della pena di morte per i terroristi. Quanto ti arrabbiasti! Eri contrario. Mi ricordo che Almirante era allibito, ti chiamò dalle vacanze in montagna, ma quando tornò, ti lasciò mani libere. E Livorno, fu l’unica provincia a non fare la raccolta. Grosseto, quella che andò meglio.
Mario Biagioni era orgoglioso, ma ci dicevi che la galera, era una pena più che sufficiente, perché niente è più terribile della porta del carcere che ti si chiude dietro le spalle.
Dopo essere stata il tuo portavoce politico all’ambiente, nel 2008 mi piaceva stare ai trasporti a occuparmi della comunicazione dei camionisti. Era divertente, mi sembrava di riessere nel Msi, con le riunioni infinite e gli incontri al Parlamentino delle Infrastrutture con te che presiedevi e io sui banchi dei sindacati: ci capivamo con un cenno degli occhi, che nessuno poteva scorgere. Un ruolo strategico, che preferivo rispetto alle dinamiche della segreteria Ministro. Tanto, se protestavo, mi dicevi che facevo i capricci e se bisticciavo con qualcuno, prima ti arrabbiavi con me e poi chiedevi cosa era successo.
Ma che ne sa la gente di noi, della nostra complicità, del nostro essere padre e figlia di “adozione”, senza nessuna implicazione oltre che l’affetto. Ringrazio i tuoi figli, Federico e Federica, che mi sento fratelli e che mi hanno permesso di vivere questa favola meravigliosa, che come tutte le fiabe, è finita.
Buona giornata, Altero. Sono certa che mi pensi. Salutami babbo e digli che continuerò sempre a tifare Juve, anche se di calcio non capisco assolutamente nulla.