GROSSETO – Negli ultimi dieci anni in provincia di Grosseto sono andate in fumo 9.500 Unità di lavoro per anno (Ula), corrispondenti ad altrettanti posti di lavoro full time a tempo pieno: -1.900 Ula in agricoltura; -2.700 nel settore industriale; -1.800 nell’edilizia; -1.800 nel terziario e -1.300 tra pubblica amministrazione e ministero della difesa. Con la ripresa economica che fa a malapena capolino ed è di bassa qualità, caratterizzata da lavoro povero e precario.
Bisogna coerentemente guardare in faccia la realtà per capire cosa è successo in questo periodo al nostro tessuto economico, soprattutto per definire un’efficace strategia di rilancio. Perché questo dato impressionante significa un’unica cosa: molte persone in questo momento sopravvivono cumulando con rassegnazione nell’arco dell’anno più “lavoretti”. Non avendo la possibilità di avere contratti e salari dignitosi. Si spiega così la crescita del 3,8% (+2.284 addetti) dei posti di lavoro ufficiali certificati da Istat a fronte del crollo nello stesso periodo delle 9.500 unità di lavoro/anno: 36 ore settimanali nel pubblico impiego, 38-40 nei settori privati. Peraltro, nel 2016, a fronte di un’incidenza del 54% di contratti non standard (atipici e precari) sullo stock degli occupati, nell’ultimo anno sono solo 2 su 10 i nuovi contratti a tempo pieno.
D’altra parte è bene che si sappia che per l’Istat un occupato equivale a qualsiasi persona che ha più di 15 anni e abbia lavorato anche soltanto un’ora. Mentre in termini economici il lavoro si misura attraverso le unità di lavoro (Ula), cioè la quantità di lavoro prestata da un occupato a tempo pieno. Intanto anche le previsioni della nostra Camera di commercio – 3.500 nuove assunzioni ipotizzate entro dicembre, senza tener conto delle cessazioni e di che tipo di lavori si tratterebbe – ci descrivono come fossimo dentro un vero e proprio miracolo economico.
Partiamo da questa operazione di trasparenza, perché siamo convinti che la Maremma si potrà riprendere dall’attuale stato di debolezza economica solo se arriverà lavoro buono, contrattualizzato e anche con maggiori diritti. Unica medicina vera per non cadere nella trappola di egoismi e guerre tra poveri. Condizione che spinge molti a dare il peggio di sé.
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A questo proposito la Cgil è molto preoccupata che si sottovaluti il rischio che la recessione/stagnazione trasformi la crisi del nostro tessuto produttivo in un dato strutturale, piuttosto che congiunturale. Sottovalutazione generalizzata e alimentata dalla narrazione fuorviante della “maremmanità” come condizione di privilegio, con responsabilità maggiori nel mondo della rappresentanza e soprattutto della politica. Impegnata in diatribe ininfluenti sulla realtà come quelle su toponomastica, migranti e richiedenti asilo, recupero crediti sulla pelle di qualche bambino o taglio dei pini. Prendiamo ad esempio la polemica su via Almirante: siamo tutti adulti e nostro malgrado sappiamo che alcuni non sono in grado di accettare il giudizio storico sul suo operato. Ma non ha senso a fronte del dramma sociale che stiamo vivendo spaccare una comunità su un argomento simile. Lo stesso Antichi non ne fece di nulla, e nemmeno Pollini, Finetti, Tattarini o Valentini si sono mai sognati di cambiare il nome al ponte Mussolini.
I problemi reali sono altri. O si capisce tutti che dramma stiano vivendo le persone e ci si mette a lavorare insieme per raggiungere un obiettivo di miglior benessere diffuso, oppure chi ci governa a tutti i livelli dovrà assumersi la responsabilità di condannare al declino sociale un intero territorio. Buono solo per pensionati benestanti e benestanti in genere, molti dei quali una volta arrivati vorrebbero anche spiegarci che la desertificazione manifatturiera potrebbe essere un elemento strategico di sviluppo.
Oggi Grosseto è in crisi nera, pur in presenza di una lenta ma progressiva ripresa economica che in Toscana è oramai in corso da tre-quattro anni. Anche se va sottolineato che ancora il prodotto interno lordo regionale, il valore aggiunto, l’utilizzo degli impianti, l’apporto dei consumi interni e le unità lavorative della Toscana sono ancora leggermente inferiori ai valori del 2007. Con l’unica eccezione dell’export che continua a crescere a ritmi sostenuti, ma che in provincia di Grosseto incide troppo poco sul Pil.
Grosseto, infatti, ha le peggiori performance provinciale della Toscana in quasi tutti i settori e comparti produttivi, in termini di Pil e valore aggiunto, situazione che incide sia sul reddito disponibile delle famiglie (- 4.900 Euro in media dall’inizio della crisi), che sul basso apporto dei consumi alla domanda interna. Cosa che spinge le imprese a tenere basso il livello degli investimenti. Se poi consideriamo che secondo la Fondazione dei consulenti del lavoro la nostra provincia ha il record nazionale dei contratti “non standard”, il 54% del totale, cioè a dire non a tempo pieno e pieno, ecco che tutto si lega.
Se questi sono i problemi – come sono – allora bisogna ragionare sulle contromisure. La Cgil lo farà nell’imminente conferenza programmatica. Partendo da quel che di buono si sta muovendo. Come il contratto del distretto agroalimentare, sul quale ci sono manifestazioni d’interesse per 150 milioni, a fronte di soli 50 milioni di risorse a disposizione. L’accordo di programma per utilizzare il contributo delle aree geotermiche nella riqualificazione della viabilità amiatina e delle Colline Metallifere. Oppure l’accordo recente per il Corridoio tirrenico.
Ma soprattutto la Cgil si concentrerà sulla necessità di nuovi investimenti pubblici da inserire in un accordo di programma che consideri la provincia di Grosseto “area di crisi complessa”, perché il tessuto produttivo privato non è in grado da solo di tirare fuori il territorio dalle difficoltà in cui è imprigionato.
Così come apriremo dossier sulle principali questioni rispetto alle quali la politica non prende posizione, rischiando di buttare a mare occasioni di sviluppo. Dalle infrastrutture e trasporti alla geotermia. Dallo stoccaggio dei gessi rossi di Venator fino alla messa in sicurezza idrogeologica e contro il rischio sismico, sistema di selezione e aggiudicazione degli appalti, comparto manifatturiero agroalimentare, ciclo rifiuti dallo spazzamento agli impianti. Facendo proposte anche su sanità, welfare e servizi alla persona, turismo, rapporto tra Gdo e rete del commercio tradizionale, innovazione tecnologica e accordi per la legalità e il lavoro buono.