GROSSETO – Sul protocollo d’intesa firmato ieri in prefettura e sul progetto di impiegare sei richiedenti asilo in opere di manutenzione e di accoglienza per l’area archeologica di Roselle, interviene Don Enzo Capitani, cirettore della Caritas diocesana, che promuove questo tipo di iniziative sia sul piano sociale che sul piano culturale.
«Ho accolto – dice Don Enzo – con interesse e soddisfazione il protocollo tra Prefettura e Soprintendenza per l’impiego di richiedenti asilo ospitati in strutture gestite dalle cooperative sociali Auxilium vitae, Solidarietà è Crescita e Uscita di Sicurezza, per la cura del sito archeologico di Roselle».
«Un’azione che mette insieme lo spirito volontaristico proprio della nostra comunità, con la cura di un bene comune così prezioso e che dà dignità al tempo che i richiedenti asilo trascorrono nel nostro territorio in attesa della conclusione del percorso di riconoscimento o di negazione alla permanenza in Italia. Al contempo il volontariato dà loro modo di mostrarsi riconoscenti per il sostegno che ricevono, in una prospettiva di reciprocità che rappresenta da sempre uno dei valori fondanti del volontariato stesso».
«Molti, me compreso, si sono spesso rammaricati del “bighellonare” di questi ragazzi per le strade di Grosseto o fuori dai centri di accoglienza, senza nulla da fare. E nel mio mondo avevo già sviluppato un accordo, simile per finalità, con le cooperative e le associazioni per pianificare la partecipazione dei richiedenti asilo alla gestione, sempre su base volontaria, di alcuni servizi come, ad esempio, la mensa della Caritas».
«Il volontariato non ha cittadinanza, ma solo il desiderio di essere parte responsabile di una comunità. E soprattutto il volontariato è un mondo in cui i bisogni superano la capacità di risposta e per il quale non esiste una competizione che esclude qualcuno. C’è posto per tutti. Il mio auspicio è che queste proposte possano moltiplicarsi, magari coinvolgendo in primo luogo le istituzioni locali ma anche altri mondi come quello della scuola o di altre associazioni del territorio, perché ritengo da sempre la cura del bene comune e della propria comunità la più potente esperienza di sviluppo dell’uomo e delle sue competenze di cittadinanza».