GROSSETO – «Non sono nel nostro Dna polemiche mediatiche nei confronti di associazioni datoriali – sottolinea la segreteria della Camera del Lavoro di Grosseto – e di solito evidenziamo la nostra posizione rispettando le diversità di chi è legittimamente portatore di interessi diversi. Ma l’insistenza con cui Coldiretti Grosseto persevera nel sottolineare che il ritardo nella reintroduzione dei voucher metterebbe in ginocchio il settore della raccolta dell’uva, merita alcune puntualizzazioni. Soprattutto perché questo atteggiamento dà all’opinione pubblica una rappresentazione distorta e fuorviante della realtà». La Cgil interviene così sul tema dei voucher in agricoltura.
«Intanto è bene sapere che, finché sono esistiti, in agricoltura i voucher potevano essere utilizzati solo per retribuire pensionati, studenti e percettori di ammortizzatori sociali, e non in generale tutti i lavoratori stagionali. Non a caso nel 2016 in provincia di Grosseto sui 707.609 voucher venduti in tabaccheria – al prezzo di 10 Euro l’ora (compresi i contributi) – solo 9.764 erano riconducibili all’agricoltura. Una quota davvero marginale corrispondente a circa 1.200 giornate lavorative».
«Stando così le cose – aggiunge la segreteria provinciale della Cgil – è del tutto evidente che 1.200 giornate lavorative (cinque operai a tempo pieno) rappresentano una goccia nel mare rispetto alle migliaia di aziende agricole del nostro territorio che utilizzano annualmente personale dipendente fisso ed avventizio; una media di pochi minuti ad azienda. C’è quindi qualcosa che non torna nell’allarmismo reiterato di Coldiretti».
«Con la vecchia normativa (e con la nuova cambia poco) l’utilizzo dei voucher acquistati in precedenza poteva essere dichiarato all’Inps entro i tre giorni successivi alla prestazione lavorativa, rendendo ad esempio vano ogni controllo degli organi ispettivi che trovasse a lavorare senza assunzione pensionati, disoccupati o giovani – continua la nota del sindacato -. Poiché alcuni casi li abbiamo scoperti e direttamente denunciati anche come Cgil, è più che legittimo sospettare che questa possibilità fosse normalmente utilizzata da un certo numero di imprenditori, sicuramente una minoranza, per retribuire formalmente qualche ora a fronte di molte ore lavorate in vigna, nei frutteti o nei campi di pomodori e poi pagate in nero, quando “va bene”. Pratica che ovviamente la Cgil non può legittimare e che ha motivato la nostra campagna nazionale per l’abolizione dei voucher, i quali, non solo in agricoltura peraltro, non venivano tanto utilizzati per l’emersione del lavoro nero quanto per occultarlo. Precarizzando ulteriormente il lavoro, esponendo i lavoratori al ricatto occupazionale e rendendo più poveri persone e territorio».
«La Cgil non ha mai avuto un approccio giustizialista, e non ha mai esultato per le ‘manette’ agli agricoltori. Siamo perfettamente consapevoli delle difficoltà quotidiane di chi fa impresa nel settore primario. Ma siamo dalla parte della maggioranza degli agricoltori che operano nel rispetto delle regole e che sono i primi danneggiati da chi realizza ingiusti vantaggi sfruttando illegalmente il lavoro. E siamo convinti che la strada da battere sia quella della persuasione e non della sola repressione. Proprio per questo non ci piace l’allarmismo strumentale della Coldiretti sull’assenza dei voucher che metterebbe in ginocchio l’agricoltura. Perché – conclude – rischia di essere un assist a chi le regole le vuole aggirare, puntando sull’evasione contributiva e la retribuzione in nero».