PITIGLIANO – «Nessuna spoliazione» il vescovo della Diocesi di Pitigliano, Sovana e Orbetello, Gianni Roncari, risponde così alle accuse del comune di Santa Fiora che chiedeva la restituzione di alcuni beni e opere d’arte sacre ora esposte nel museo di Pitigliano.
«È bene ricordare che per lo Stato italiano le parrocchie sono «enti» con personalità giuridica – afferma il vescovo -, afferenti all’ente sovraordinario quale è la Diocesi e nell’insieme – come Chiesa italiana – tutelati dalla stessa Costituzione. Come tali il parroco ne è il legale rappresentante e amministratore unico (con tutti i diritti e doveri previsti dalla legge), mentre la Diocesi governata dal vescovo costituisce – diciamo così – l’ente ecclesiastico coordinatore sovraordinato, alla quale la parrocchia è tenuta costantemente a rapportarsi e collaborare con spirito di piena comunione. Pertanto gli edifici sacri con le opere d’arte in essi contenute o pertinenti sono di proprietà ecclesiastica e quindi di nostra unica competenza».
«Il primo responsabile delle opere d’arte di proprietà ecclesiastica è il vescovo e come tale il parroco di una parrocchia in spirito di piena comunione ecclesiale e sacerdotale, è tenuto a garantire l’esecuzione piena e concordata delle linee poste per una maggiore tutela e valorizzazione del patrimonio culturale presente nel territorio diocesano. Parlare – anzi accusare – il vescovo di «spoliazione» della Pieve o anche di indebita appropriazione, mostra da un lato una carente o distorta sensibilità ecclesiale, dall’altro una diversa linea che esula da quelle che potrei definire competenze istituzionali».
«Il Museo di Palazzo Orsini, che raccoglie molte opere d’arte provenienti da tante parrocchie del territorio diocesano e che ne sta recuperando ancora molte altre – afferma monsignor Roncari -, non è il museo «di» Pitigliano, ma è il museo della Diocesi e non nasce oggi, bensì esiste dalla fine degli anni Ottanta. È un progetto ben preciso, studiato per una continuità nel tempo e che nasce dalla volontà dei vescovi miei predecessori, con lo scopo di offrire molto di più che una tutela alle opere d’arte presenti nelle parrocchie e che necessitavano di conservazione e tutela. Nasce anche – e poi soprattutto – come luogo di valorizzazione coerente nel tempo del territorio diocesano e delle singole realtà parrocchiali, dove ciascuna qui si può vedere rappresentata al meglio e nello stesso tempo mostrare attraverso l’arte e la cultura, una unitarietà storica e territoriale».
Inoltre il Museo è solo uno dei tre istituti culturali diocesani, insieme all’Archivio Storico e alla Biblioteca San Gregorio VII, destinati a conservare la memoria e l’identità del territorio e della comunità cristiana (ma anche civile) in esso presente da millecinquecento anni. Di fatto la Diocesi, nella persona del vescovo, è sempre stata aperta a un dialogo culturale costruttivo e efficace, ma che sia altrettanto sempre indirizzato al maggior bene comune e non di una sola parte. Apertura dialogica e non ideologica che sicuramente si può realizzare non cedendo a pressioni fatte a colpi di penna, o appelli, o cedendo a programmi già predisposti senza tenere conto della proprietà legittima e dei rispettivi ruoli istituzionali».