GROSSETO – «Nel coro di condanna che si è alzato domenica dopo la detonazione di una bomba carta all’hotel Airone di Grosseto è mancata l’unica voce che sarebbe stato d’obbligo pretendere di sentire: quella del sindaco della città. Se succede una cosa del genere e accanto al luogo dello scoppio vengono trovate croci celtiche e svastiche il sindaco ha il dovere di dire qualcosa. Se invece fa parlare l’assessore allo sport perché è convinto che si tratti di una questione interna al mondo del calcio e delle tifoserie vuol dire che non ha capito nulla». Inizia così la nota firmata da Luca Alcamo, coordinatore provinciale di Articolo Uno Mdp.
«Non ha capito – dice ancora Alcamo – che il problema ha origine dalla pesante aria che si respira in città da quando ha legittimato forze e movimenti fascisti, da quando su queste forze basa la sua maggioranza, da quando fa presenza alle loro carnevalate di piazza in salsa staraciana. Quello che non ha proprio capito è il ruolo che i grossetani gli hanno affidato con il voto, voto reso possibile proprio dal fatto che settanta anni fa il fascismo è stato spazzato via. Il 25 aprile il sindaco non ha avuto il coraggio, durante le celebrazioni della Liberazione dal nazifascismo, di pronunciare le parole “fascismo”, “antifascismo” e “Resistenza” arrivando addirittura a parlare di “partigianerie” in senso denigratorio proprio davanti alle associazioni di quei partigiani che hanno contribuito col sangue a cacciare tedeschi invasori e repubblichini dal nostro Paese».
«Ecco, il sindaco trovi oggi quel coraggio che gli è mancato mesi fa: abbia il coraggio di condannare non solamente l’atto sciagurato in sè ma il fascismo in generale e chi continua a difenderne e a diffonderne i malati “ideali” di sopraffazione dell’altro, di violenza e di odio. Fare il sindaco significa essere la guida di una comunità, e lo si è ogni giorno in ogni situazione. Faccio però anche appello alla comunità politica che nell’antifascismo trova un valore comune e non negoziabile: torniamo ad alzare le nostre bandiere!».
«Per troppo tempo abbiamo lasciato sole le associazioni, gli studiosi e i gruppi di cittadini a fare da presidio contro i rigurgiti fascisti. Il lavoro preziosissimo dell’Anpi, della rete antifascista e di tante associazioni che per anni hanno “cantato e portato la croce”, come ad esempio il contributo impagabile del Festival Resistente a Grosseto».
«C’era in questo un intento nobile: la volontà di non mettere un cappello politico sulla memoria, di non strumentalizzare l’antifascismo. Oggi però viviamo in tempi che non consentono più un approccio di questo tipo: gruppi neofascisti spuntano come funghi, vengono ricevuti dai prefetti, si organizzano in pseudoronde, arrivano persino a minacciare preti e a mettere striscioni intimidatori davanti alla sede della Regione. Serve oggi che tutti i partiti realmente democratici della provincia accantonino per un momento tutte le loro – sacrosante – differenze e che si apra subito un tavolo di confronto per capire in quali modi possiamo affiancare chi di antifascismo e memoria si occupa da sempre, valorizzandone il lavoro senza intralciarlo».