GROSSETO – La politica colpisce ancora. E a farne le spese sono – manco a dirlo – sempre le imprese. Stavolta a causare nuovi problemi è il Dpr 120, entrato in vigore ufficialmente il 22 agosto, che disciplina la gestione delle terre e delle rocce da scavo.
Nelle intenzioni, la disciplina normativa si proponeva di riordinare e semplificare la materia: in realtà, però, dà vita all’ennesimo assurdo adempimento a carico degli imprenditori, in particolare a quelli che operano nel comparto edile, cioè la categoria che forse più di tutte ha sofferto e sta soffrendo la crisi.
Sì, perché la nuova normativa prevede che prima di scavare una buca, anche di un solo metro cubo, l’impresa debba avvertire 15 giorni prima il Comune e l’Arpat. Facile immaginare come questo possa rappresentare un’altra complicazione, della quale non si sentiva certo il bisogno. «Ancora una volta, purtroppo – dice Mauro Ciani, segretario generale di Confartigianato Imprese Grosseto – la politica si dimostra sorda rispetto alle esigenze delle piccole e medie imprese edili. Dietro queste norme c’è davvero l’intento di migliorare o semplificare le cose? Non si pensa ai risvolti e alle implicazioni? Continua lo stillicidio di adempimenti a carico degli imprenditori: stavolta è il ministero dell’Ambiente che, volendo fare chiarezza sulle norme che disciplinano lo scavo di terra e roccia, appesantisce i procedimenti e i costi introducendo norme che favoriscono chi opera nell’illegalità, anziché chi continua a lavorare correttamente e onestamente». La nuova legge è nata per individuare i requisiti generali da soddisfare affinché le terre e le rocce da scavo, ricavate da cantieri di piccole o di grandi dimensioni, siano qualificati come prodotti da riutilizzare e non come rifiuti. E’ definito di grandi dimensioni un cantiere in cui sono prodotte terre e rocce superiori a 6mila metri cubi, mentre al di sotto del limite di 6mila metri cubi il cantiere è definito di piccole dimensioni. Non è prevista alcuna misura specifica per i micro-cantieri, nei quali sono prodotte terre e rocce da scavo in quantità non superiori a 300 metri cubi, che sono di gran lunga i più ricorrenti. Lo scavo per una villetta di medie dimensioni, ad esempio, non supera i 150. «Una disciplina che prevedesse anche i micro-cantieri, cioè la maggioranza dei lavori delle nostre aziende, era un’opportunità da non sprecare – spiega Mauro Ciani –. Inoltre un preavviso di 15 giorni non è conciliabile con i tempi del lavoro reale. Finora era richiesta la comunicazione prima di iniziare gli scavi, ma non erano specificati i tempi minimi: ora invece, in una situazione in cui i pochi lavori che ci sono vengono commissionati qualche giorno prima, se non con un unico giorno di preavviso, essere vincolati a tempistiche così stringenti significa soffocare ancora di più il settore». Ma c’è di più. «La normativa comporterà anche ulteriori costi: oltre a quelli per le analisi e per la documentazione da produrre, l’azienda sarà costretta a finanziare le ulteriori analisi e i controlli predisposti in caso di verifica. Il Ministero – conclude Mauro Ciani – ha perso l’ennesima occasione».