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Non bisogna essere adepti di Bob Marley e avere i dreadlocks per apprezzare le doti della cannabis terapeutica. Chiedere a chi soffre di convulsioni epilettiche, a chi ha il morbo di Parkinson, una delle diverse forme di distrofia, ma anche a chi abbia a che fare col dolore neuropatico od oncologico. Oppure, come stanno dimostrando recenti studi statunitensi, a chi soffre di nausea in seguito a trattamenti chemioterapici.
La cannabis terapeutica, con i suoi farmaci a base di cannabinoidi, è oramai una certezza scientifica. Anche se molto deve essere compreso rispetto a come i principi attivi della Marijuana agiscono sul sistema vettoriale endocannabinoide (scoperto nel 1998), con effetti positivi su ritmo circadiano, temperatura corporea, pressione cardiaca, sistema nervoso e molto altro ancora. La cannabis è infatti una miniera per la farmacopea. L’unica sostanza psicotropa è il Thc, ma contiene una quantità impressionante di altri principi attivi a seconda della varietà vegetale coltivata.
Ma sarebbe pretenzioso giocare a fare il medico. Come sempre, purtroppo, in Italia il busillis è di tutt’altra natura, e attiene al substrato culturale intriso di bigottismo e pregiudizi antiscientifici. Un po’ nel solco di quanto sta avvenendo con i vaccini. Con paradossali esiti kafkiani.
Com’è successo a un giovane farmacista grossetano, Edoardo Alfinito, titolare della farmacia San Giuseppe, che lo scorso febbraio si è visto notificare una fantasmagorica multa da 8.600 Euro per aver pubblicato sul proprio sito aziendale l’elenco dei preparati galenici a base di cannabinoidi. Senza riferimento al prezzo né induzione all’acquisto. Di fatto gli è stata contestata la presenza sui motori di ricerca internet ai sensi dell’Articolo 84 del Dpr 309/1990, noto come Testo unico sugli stupefacenti. Nientepopodimeno.
Fin qui nulla di sconvolgente, ammesso e non concesso non sia paradossale trattare una medicina come una droga, o impedire di rendere nota la disponibilità di preparati farmaceutici presso la propria attività. La cosa sinceramente stupefacente è ancora un’altra. E sta nella tortuosa e pervertita strada attraverso cui la nostra borbonica burocrazia riesce a vessare qualunque individuo senziente.
Il povero Alfinito, infatti, aveva acquistato una certa quantità di cannabis terapeutica dall’Istituto farmaceutico militare di Sesto Fiorentino (Fi), da un paio d’anni incaricato dallo Stato italiano della produzione di estratti di cannabis per uso curativo. Dal 2015, peraltro, in forza del Dpcm del 9 novembre, la cannabis è considerata farmaco prescrivibile dal medico e, in Toscana ad esempio, è rimborsabile per 4 patologie: sindrome di Tourette, dolore oncologico e neuropatico, sclerosi multipla.
Ebbene, l’Istituto farmaceutico militare di Sesto Fiorentino ha segnalato ai Nas dieci farmacisti, fra i quali Alfinito, perché avevano acquistato quantità ‘sospette’, diciamo così, di cannabis terapeutica. Chiaramente sul presupposto che potessero commettere illeciti (vendita di fumo in farmacia?) o stessero facendo propaganda (proibita) alla vendita di un prodotto. I Nas hanno fatto le loro considerazioni, rifilandogli una multa da 8.600 Euro per violazione del divieto di pubblicità, e il povero Alfinito s’è appellato al Prefetto. Che fra incendi e terrorismo, dovrà trovare il tempo di occuparsi di questa amenità.
Certo, ci fosse in questo Paese un ‘tribunale del buon senso’, sarebbero in diversi a vedersi inflitte pene severe per come si dà applicazione alle leggi dello Stato. Ma il problema di fondo è prima culturale che legislativo. Perché fintanto si lascerà condizionare l’uso di una medicina da una legge sugli stupefacenti, è chiaro che non ci sarà redenzione rispetto all’idiozia che governa le cose umane. Allo stesso tempo il disastroso gap di cultura scientifica che caratterizza la nostra società, con le sue propaggini politiche, non può continuare a essere considerato né un incidente della storia, né il frutto del fato.
Certi personaggi codini che hanno costruito un pezzo delle loro fortune politiche e mediatiche sull’equiparazione tra cannabis terapeutica e Marijuana come droga ricreativa, hanno da questo punto di vista le stesse responsabilità di chi per quieto vivere e farisaico conformismo non ha alzato le barricate per impedire che ciò avvenisse. Infliggendo sofferenze gratuite centinaia di migliaia di pazienti con gravi patologie per un pregiudizio folle.
Poco più in là della cornice sbreccata del periferico quadretto dell’Italia odierna, ad ogni modo, il mondo corre come un treno. Non solo una impressionante ricerca pubblicata dalla statunitense National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine ha analizzato 10.000 studi sugli effetti della Marijuana, individuando 100 conclusioni sulle quali ci sono diversi gradi di certezza scientifica. Ma nel frattempo, sempre negli Usa, dal 2015 in Borsa hanno messo a punto il ‘Marijuana Index’ per monitorare l’andamento delle 23 società che capitalizzano almeno 10 milioni di dollari, impegnate nel promettente e lucrativo comparto dei cannabinoidi legali (per uso medico e ricreativo). Con Big Pharma impegnata a studiare applicazioni farmaceutiche e modalità di assunzione dei principi attivi, che sta cercando di sintetizzare in laboratorio.
A fronte di tutto ciò – se oggi fosse ancora fra noi – cosa mai penserebbe il guru rastafariano Bob Marley? Primo vero ‘farmacista’ globale a intuire le qualità curative della Mariagiovanna. Senza dubbio inorridirebbe, ma coerentemente ci aiuterebbe a casa nostra. Regalando dei bei ‘cannoni’ a gente come il mitico Carlo Giovanardi, e a molti altri. Per aiutarli a capire…
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